A sette anni di distanza dalla scomparsa di Yara Gambirasio, avvenuta il 26 novembre 2010 e culminata col ritrovamento del cadavere nel febbraio del 2011, la Corte d'Assise d'Appello di Bergamo ha emesso la condanna definitiva nei confronti del principale indiziato, il muratore Massimo Bossetti: l'esito della condanna è la conferma dell'ergastolo per il 44enne di Mapello. A convincere i giudici della colpevolezza di Bossetti è stata la prova fornita dal DNA trovato sul corpo della ragazza e corrispondente a quello di Bossetti. È stato anche richiesto l'isolamento diurno per sei mesi perché l'imputato avrebbe cercato di sviare le indagini incolpando un suo collega.
Le reazioni alla condanna
La conferma dell'ergastolo ha suscitato reazioni opposte da parte dell'accusa e della difesa. Uno dei legali di Bossetti, Claudio Salvagni, ha definito questa sentenza "una sconfitta del diritto" e si è dichiarato pronto a ricorrere in Cassazione. Di tutt'altro avviso l'accusa, che, tramite le parole del legale Enrico Pelillo, si è mostrata entusiasta della decisione dei giudici.
Una volta ufficializzata la condanna, Massimo Bossetti, che durante il processo aveva rivolto un pensiero a Yara ("Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà"), si è lasciato andare in un pianto disperato e, prima di essere riportato in carcere, è andato ad abbracciare la moglie e la suocera, anch'esse in lacrime.
Incastrato dal DNA, ma non solo
A inchiodare il muratore di Mapello è stata una traccia di DNA rinvenuta sul corpo di Yara e, secondo le analisi, corrispondente a quello di Bossetti. I legali dell'accusa hanno basato su questa prova le loro arringhe per dimostrare la colpevolezza di Bossetti, tuttavia sono molti gli elementi che hanno portato i giudici a confermare la condanna all'ergastolo: ad aggiungersi alla prova del DNA, infatti, sono le immagini delle telecamere di sorveglianza, che hanno inquadrato più volte il Fiat Daily appartenente all'uomo aggirarsi nei dintorni della palestra dalla quale Yara è uscita la sera della sua scomparsa.
Ad aggravare ulteriormente la posizione del muratore di Mapello si sono aggiunte anche delle fibre trovate su Yara riconducibili al tessuto dei sedili del furgone di Bossetti.
Questa brutta storia sembra aver finalmente raggiunto una fine, ora non resta che lasciare riposare in pace la povera Yara, vittima di un crimine imperdonabile.