Sono state depositate le motivazioni della sentenza del primo luglio scorso contro Massimo Giuseppe Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Non sono mai emersi elementi che potessero togliere il muratore dai guai: non un fotogramma o una traccia significativa di materiale biologico che indirizzassero altrove.

Movente di natura sessuale

I giudici della Corte d'Assise di Bergamo hanno stabilito che Bossetti ha agito per un suo personale impulso sessuale, rivolgendo avances nei confronti della ragazzina che le avrebbe respinte.

Il rifiuto di Yara avrebbe acceso la rabbia dell'uomo, a tal punto da indurlo ad ucciderla. Nelle 158 pagine che cristallizzano le convinzioni della Corte, emerge la certezza che si sia trattato di "un omicidio di inaudita gravità", costato l'ergastolo a Massimo Bossetti.

Un'indole malvagia repressa

L'indole di Bossetti, secondo i tratti delineati nella sentenza, è un mix di cattiveria e perversione sessuale represse. L'uomo, infatti, non ha mai dato segnali percettibili di particolari inclinazioni. Una vita condotta nell'assoluta routine, in un anonimato sociale che ha compresso l'assassino sino al momento dell'esplosione di rabbia in seguito a un verosimile rifiuto. La cattiveria intrinseca di Bossetti si evince, come da sempre sottolineato dall'accusa, dalla serie di sevizie fisiche a cui Yara, agonizzante, è stata sottoposta.

Un passo delle motivazioni, infatti, ribadiscedefinitivamente una delle colonne portanti dell'accusa: l'omicidio è "maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado si scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora". Secondo alcune indiscrezioni, inoltre, il pubblico ministero Letizia Ruggieri presenterà a breve un ricorso in appello contro l'assoluzione di Bossetti dall'accusa di calunnia ai danni di un collega di lavoro. Il caso di Yara ha tenuto col fiato sospeso tutto il Paese, dividendo le opinioni lungo un argine spesso labile e controverso: la validità della prova regina di queste indagini, il DNA di "Ignoto 1".