Arriva la tanto attesa sentenza per il presunto omicida di Yara Gambirasio: confermato l'ergastolo per Massimo Bossetti, il manovale è stato condannato alla pena massima di reclusione per essere stato giudicato l'assassino della 13enne. Un mostro, così è stato definito in più occasioni Bossetti, ma nonostante la Corte d'appello abbia confermato la pesante condanna, quest'ultima lascia molti dubbi, sia per la mancata ammissione del delitto da parte del condannato, per la mancanza di prove ritenute schiaccianti, e sia per l'impossibilità da parte della difesa di poter dimostrare che l'esame del dna fosse inattendibile.

Nessuna speranza per Bossetti e per i suoi avvocati, colpevole senza nessun diritto di replica.

Un'indagine costata milioni di euro e che lascia molti dubbi

La vicenda ha inizio il 26 novembre 2010 quando una ragazza, allora 13enne, si recò come di consuetudine presso la palestra del suo paese e non fece più ritorno a casa. La palestra era distante a solo 700 metri dalla sua abitazione, Yara Gambirasio abitava a Brembate di Sopra, pertanto il suo allontanamento destò subito preoccupazione e le forze di polizia, allertate dai genitori, si misero subito all'opera nelle ricerche della ragazza scomparsa. Scomparsa nel nulla fino al tragico 26 febbraio 2011, quando Yara venne trovata priva di vita in un terreno distante circa 10 km da Brembate.

Venne colpita con un coltello e probabilmente patì anche il freddo prima di morire. La sua morte scosse l'Italia intera e gli investigatori, a circa 6 mesi dalla sua morte, riuscirono a trovare una traccia di dna maschile sul corpo della ragazza. Il dna venne isolato e furono prelevati centinaia di dna al fine di essere confrontati con l'unica prova esistente.

Fino al 18 settembre 2012, quando il dna trovò riscontro con quello prelevato da una marca da bollo riconducibile a Giuseppe Guerinoni, deceduto nel 1999. Di conseguenza gli investigatori, non trovando compatibilità con i parenti del Guerinoni, seguirono la pista di un presunto figlio illegittimo. Il dna prelevato venne denominato come Ignoto 1 fino al successivo 16 giugno 2014, quando ignoto uno diventò Massimo Bossetti, ritenuto ipotetico figlio illegittimo del Guerinoni.

Da lì iniziò la trafila giudiziaria e mediatica del Bossetti e dopo una serie di riscontri avuti, attraverso la raccolta di registrazioni video e testimonianze, venne condannato in primo grado all'ergastolo.

La difesa di Massimo Bossetti ritiene la prova del Dna non attendibile

Sposato e padre di due figli, Massimo Bossetti si è dichiarato in più occasioni innocente e la sua difesa, anche nell'ultimo ricorso in appello aveva richiesto la reperibilità del test inerente al Dna, in quanto la prova sarebbe stata compromessa e pertanto non attendibile. Nulla di fatto, l'esame del dna non può essere ripetuto poiché l'unico campione è stato utilizzato per la prova principale e pertanto Bossetti, secondo i suoi avvocati, non ha avuto diritto di replica incassando la condanna all'ergastolo.

La teoria, pubblicata anche dal Fatto Quotidiano, prende come esempio, paragonandolo alla vicenda dell'assassinio di Yara, una testimonianza di omicidio dichiarata da un presunto testimone che, nelle fasi successive del processo, muore e non dà la possibilità di riscontrare quanto dichiarato, accusando un soggetto qualsiasi di omicidio. Questo è quanto sarebbe accaduto al Bossetti, un'accusa senza diritto di riscontro ed una condanna all'ergastolo che lascia tanti dubbi, oltre al pericolo di aver lasciato in libertà il vero ed eventuale assassino di Yara Gambirasio.