Meno di un quinto dei cittadini statunitensi è a conoscenza delle condizioni di Fame estrema che stanno minacciando le vite di quasi 20 milioni di persone in africa e Medio Oriente, nonostante la stragrande maggioranza lo consideri come uno dei problemi globali più urgenti da risolvere, una volta informati di quanto sta accadendo. Lo rivela uno studio pubblicato mercoledì, e condotto dall’agenzia umanitaria International Rescue Committee (IRC).

La ricerca mostra come i millennials, genericamente definiti come coloro che sono nati tra il 1981 e il 1997, siano la generazione maggiormente interessata alla soluzione delle crisi alimentari in Yemen, Somalia, Sud Sudan e Nigeria.

La consapevolezza della situazione da parte dell’opinione pubblica risulta molto bassa, arrivando solo al 15%, ma un ampio 73% ritiene, una volta informato, che si tratti di una tematica di portata planetaria.

Speranza Millennials

"Più di ogni altro gruppo di statunitensi, i cosiddetti millennials riconoscono la gravità delle crisi alimentari e sono pronti ad affrontare le responsabilità legate al concetto di comunità globale", afferma al "Guardian" l’ex ministro degli esteri britannico David Miliband, e attuale presidente dell’IRC, che ha poi concluso dicendo: "In un mondo che oggi è più connesso che mai, i loro valori li stanno spingendo a farsi avanti e ad utilizzare le loro voci e il loro attivismo per richiamare l’attenzione di tutte le fasce d’età dell’opinione pubblica su queste crisi.

I giovani informati negli Usa possono mostrare ai leader politici il vero modo di governare. Lo si deve fare attraverso l’impegno internazionale e l’investimento in soluzioni misurabili e concrete".

John Della Volpe, il quale ha diretto la ricerca statistica indipendente, dichiara che i millennials considerano l’aiuto umanitario come una questione determinante per la loro generazione: "Sin dal 2001 le nostre ricerche hanno confermato che questa fascia d’età tenta sempre di più di avere un impatto sulla propria comunità e nel mondo attorno a questi temi".

Responsabilità morale

I risultati dello studio mostrano come i millennials siano l’unica generazione nordamericana a credere che gli Stati Uniti abbiano un obbligo morale nell’assistenza verso i bisognosi, a prescindere dalla loro ubicazione. L'analisi rivela anche che la cosiddetta "Generazione Y" si dice fiduciosa sul fatto che il problema della fame nel mondo possa essere risolto.

Non solo. Gli americani consapevoli, o resi consapevoli dai ricercatori, non si accontentano di un aumento degli aiuti (il 68% ha affermato che l’assistenza dei paesi ricchi come gli Usa sia più necessaria che mai), ma richiedono anche una migliore qualità negli interventi di supporto. Due terzi degli intervistati vorrebbe che il governo statunitense non intervenisse solo facendo ciò che è "obbligato" a fare, ma che attuasse anche delle riforme guida basate su ricerche concrete e tangibili, che diano soluzioni davvero efficaci.

Crisi nascoste

Il mondo sta effettivamente affrontando una delle peggiori crisi alimentari degli ultimi decenni. Alle suddette 20 milioni di persone che soffrono la fame, potrebbero aggiungersene altri 10 milioni se non verrà fatto qualcosa al più presto.

Tutto avviene principalmente a causa di conflitti di cui i media occidentali parlano di rado: i terroristi islamici Boko Haram che continuano ad agire nel nord della Nigeria, generano migliaia di sfollati interni e rifugiati in Camerun e Ciad; il conflitto civile Sud sudanese è un vero e proprio inferno che va avanti ormai dal 2013 (lunedì, in questo clima, si è "festeggiato" il sesto anniversario dall’indipendenza della nazione più giovane d’Africa); sulla Somalia c’è poco da dire, è uno "Stato fallito" ormai dal lontano 1991, in mano ai signori della guerra e ai terroristi Al Shabaab. Infine c'è lo Yemen che è devastato dal conflitto scoppiato tre anni fa tra i musulmani sciiti Houthi, che hanno rovesciato la leadership sunnita, e la coalizione a guida arabo-saudita, sostenuta proprio dagli Stati Uniti.

A tutti questi contesti si è aggiunta poi la siccità che ha ulteriormente aggravato la situazione, cogliendo del tutto impreparati questi Paesi, rimasti senza riserve alimentari e con le regioni agricole più produttive devastate dalla guerra. Ormai, fornire i numeri perde di significato: nell’ultimo bollettino dell’organizzazione dell’Onu per il coordinamento delle operazioni umanitarie (Ocha), pubblicato il 28 giugno, si dice che ormai in Sud Sudan sono 6 milioni coloro che hanno urgente necessità di aiuti alimentari. Due terzi della popolazione dello Yemen, cioè 17 milioni di persone, soffrono di grave insicurezza alimentare: di questi, sette milioni sono sull'orlo della carestia.

E noi?

L’IRC ci dice che l’opinione pubblica americana praticamente non sa nulla di tutto ciò.

Perché? La risposta è ormai ovvia: l’Agenda mediatica ne parla pochissimo, e senza il dovuto rilievo che meriterebbe, e inoltre la società è ormai distratta dalla cultura dell’immagine dell’intrattenimento e del consumismo sfrenato.

C’è da chiedersi quali sarebbero i risultati se lo studio venisse ripetuto in Italia. Forse l’opinione pubblica risulterebbe più informata, ma l’esito non differirebbe di molto. Chi legge provi a porsi questa domanda: "Quanto so di ciò che sta accadendo in Yemen, Somalia, Sud Sudan e Nigeria?". La risposta farà riflettere.