L'incontro con Vladimir Putin al G20 di Amburgo sembra aver mutato l'atteggiamento di Donald Trump sulla questione siriana, almeno per quanto riguarda il minacciato interventismo nei confronti dei governo di Damasco. La testimonianza di questo cambio di registro, nemmeno tanto improvviso, non è certamente il cessate il fuoco concordato con la Russia nel sud-ovest della Siria. In quel caso si è trattato di ufficializzare la posizione americana su una tregua che era già in atto, decisa dal presidente siriano Bashar al-Assad su espressa richiesta di Mosca.

Piuttosto, la notizia più importante ha avuto invece poco rilievo sulla stampa occidentale ed è la decisione da parte della Casa Bianca di terninare l'addestramento militare e le forniture di armi alle milizie ribelli. Gli Stati Uniti hanno dunque privato del proprio sostegno quelle truppe che ne hanno beneficiato per sei lunghi anni, da quando è scoppiata la guerra civile. L'America alza dunque bandiera bianca, riconoscendo la vittoria politica della Russia?

Una rivoluzione falsa e fallimentare

Idealizzata da numerosi pseudo-intellettuali d'annata e spacciata da molti media, alcuni dei quali portano pesantemente sulla coscienza un'informazione parziale e per nulla obiettiva su tutta la questione, quella siriana è stata inizialmente indicata come la rivolta di un popolo nei confronti di un crudele tiranno.

Sebbene Assad non sia uno stinco di santo, nessuno dei crimini dei quali è stato pesantemente accusato in questi anni è stato supportato da prove concrete. Oltretutto, le milizie che hanno combattuto contro il governo di Damasco sono in parte composte da mercenari addestrati in Turchia ed in parte 'gonfiate' da militanti jihadisti ex affiliati ad al-Qaeda.

L'interesse di Washington e degli alleati mediorientali, quali Turchia ed Arabia Saudita, nel rovesciare l'esecutivo siriano è ormai storia nota, così come la miccia che i governi dei Paesi citati hanno acceso nella più falsa delle Primavere arabe. La rivoluzione ad ogni modo è fallita, l'ingresso in scena della Russia ha sovvertito i destini del conflitto.

Grazie al supporto di Russia ed Iran, Assad è ad un passo da una vittoria militare che lo presenta agli occhi di buona parte dei siriani come un 'eroe del popolo', l'uomo che ha tenuto testa all'Isis ed alla potente alleanza orchestrata dagli Stati Uniti.

Trump: una scelta logica

Non sappiamo cosa si siano detti realmente Trump e Putin nel corso del faccia a faccia in Germania, al quale ne sarebbe seguito un altro 'strettamente riservato'. Probabilmente gli strateghi militari di Washington hanno compreso che è perfettamente inutile spendere risorse per supportare milizie sull'orlo della sconfitta, oltretutto non è mai stato chiaro quanti di questi aiuti fossero a disposizione dei ribelli cosiddetti moderati, e quanti invece siano stati beneficio delle milizie islamiste.

Onde fugare ogni dubbio, la Casa Bianca ha chiuso il rubinetto. L'impressione è che la sconfitta definitiva dell'Isis, ormai molto vicina, possa ugualmente rinvigorire la posizione americana in Siria, visto che il colpo finale di martello su Raqqa sarà dato dalla coalizione a maggioranza curda guidata dagli USA.

La soluzione politica

Tolto di mezzo il 'problema Isis', la questione siriana potrebbe presto essere trasferita sui tavoli del negoziato, già avviato ad Astana da diversi mesi. Soluzioni politiche orchestrate da tre grandi registi, Russia, Turchia ed Iran, sulla quale le Nazioni Unite si stanno semplicemente limitando a dare il bene placet. Con il bilaterale di Amburgo, Trump e Putin hanno forse iniziato ad accorciare la grande distanza e, con la fine del supporto ai ribelli, gli Stati Uniti riconoscono il successo politico del Cremlino, ma nel contempo vogliono avere un ruolo al tavolo dei negoziati.

Qui si cercherà di smussare lo scoglio più irto, il futuro di Assad. Washington non vorrebbe la continuità dell'attuale governo, Mosca è sempre stata sostenitrice di una soluzione politica che preveda lo svolgimento di elezioni con la partecipazione dell'attuale leader. Un'eventualità che gli States saranno probabilmente costretti ad accettare.