E’ inevitabile, in questo periodo, parlare di ciò che sta accadendo nella regione spagnola della Catalunya, in particolare a Barcellona, dove da settimane si alternano momenti di tranquilla vita cittadina a momenti di guerriglie stradali tra indipendentisti e unionisti; se foste in viaggio verso la capitale catalana o già di ritorno, vi accorgereste del clima piuttosto pesante che si respira a partire dall’aeroporto sino all’ultima altura del castello del Montjuic.
Nei giorni passati sono andati in onda servizi nei quali si vedevano le proteste dei catalani scaturite poi in scontri contro le forze di polizia che si è scagliata con violenza inaudita nei confronti dei cittadini scesi in piazza a votare, indipendentemente dal genere e dall’età , eppure non è stato ben esposto che i cortei sono cominciati ben prima di quel primo Ottobre; da settimane, cioè da quando fu indetto il referendum, i catalani, “ armati “ di bandiere e vestiti giallo-rossi, sfilavano per le strade della capitale, dall’arco del trionfo per tutto il parco della Cittadella, fieri dei loro ideali di indipendenza dalla Spagna e scortati dai “ mossos d’esquadra “, affinché il tutto si svolgesse nel più pacifico dei modi, come ebbe inizio.
Ed è proprio questo che ha fatto rabbia all’opinione pubblica, fino a quando Rajoi, il capo del Governo spagnolo, non ha dato ordine di intervenire con la violenza sembrava una semplice protesta, ovviamente col suo peso, ma di carattere pacifico!
Il potere ancora una volta nelle mani di pochi
La decisione del Premier spagnolo a prima vista sembrerebbe giustificata, secondo alcuni, da un articolo della Costituzione spagnola che recita -“ La Costituzione si basa sulla indissolubile unità della Nazione spagnola, patria comune e indivisibile di tutti gli spagnoli e riconosce e garantisce il diritto all’autonomia delle nazionalità e regioni che la compongono e la solidarietà fra tutte le medesime”- ; alla luce dell’analisi del suddetto articolo, la domanda che ci si pone è “ Ma così facendo, il Governo spagnolo davvero garantisce il diritto all’autonomia delle regioni, come la Catalunya, che la compongono?” Non rientra nel merito di nessuno infrangere la Costituzione sicuramente, eppure i modi con i quali si fanno valere gli ideali di unionismo nazionale sembrerebbero, a detta di qualcuno, somigliare a quelli imposti nel regime Mussoliniano, le manganellate ci sono, manca solamente l’olio di ricino.
Il leader continua, anche in questi giorni a farsi forte del potere conferitogli dalla Costituzione di “ obbligare con adempimento forzato di tali obblighi ai quali la Catalunya viene meno ”. Con questa dichiarazione, facendo riferimento all’articolo 155 della Costituzione spagnola, sembrerebbe emergere quasi un’aria di sfida nei confronti della Generalitat Catalana, che sentendosi minacciata dai vertici spagnoli non si sa come potrebbe reagire, in relazione anche al fatto che subito dopo i risultati del referendum, il Presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, ha pronunciato l’indipendenza catalana e la successiva proclamazione della città di Barcellona come futura capitale di un nuovo Paese.
Eppure lui stesso ha congelato dopo una manciata di secondi gli effetti dell’ indipendenza, forse intimato dal Governo spagnolo che mettendolo con le spalle al muro non ha esitato a promettergli venticinque anni di carcere.
La memoria dovrebbe venirci in soccorso
Tra dissensi e favoritismi non ci resta che sperare che tutto ciò non porti alla nascita di movimenti indipendentisti di carattere terroristico come la rinomata ETA per l’indipendenza del popolo basco, ormai disarmata ma che in passato provocò ingenti disagi alla popolazione catalana; ricorre difatti quest’ anno -19 giugno 1987- il trentesimo anniversario della tragica esplosione di un auto bomba carica di amonel ( tipico esplosivo usato all’epoca dagli attentatoti baschi) nei pressi di un magazzino affollato di gente, all’epoca il bilancio delle vittime fu terribile, trenta feriti e quindici morti, tra cui due bambini.
Non vi sono stati morti questo primo Ottobre, eppure il numero dei feriti, a causa di spintoni, manganellate e proiettili di gomma si aggira intorno agli ottocento. Numero sconvolgente che fa pensare che infondo dalla storia non sempre si coglie il giusto insegnamento, ma spesso e volentieri si cerca un nuovo modo per seminare ingiustizie.
Siruramente la situazione socio-politica che stanno vivendo i cittadini non è delle migliori, come abbiamo visto prima c’è molta rabbia e molto disprezzo nei confronti del Governo che con il suo pugno di ferro ha fatto sì che le manifestazioni si tramutassero da pacifiche in guerrigliere, manifestazioni che hanno una storia ben più lunga di quella che noi tutti conosciamo, basti pensare al passato Regno d’Aragona, divenuto la Generalitat catalana attuale.
Eppure questa Regione ha molto da offrire a chiunque si trovasse a passare per di lì, indipendentemente dal luogo di provenienza, religione o orientamento politico. Ogni medaglia a sempre due facce, sta a noi decidere quale guardare e soprattutto con quale occhio farlo, se con senso dispregiativo o costruttivo.
Alla luce dei fatti accaduti in un momento storico in cui infuriano le bufere idealistiche dell’odio, della xenofobia e dell’indifferenza sociale, in cui le vere necessità sono distorte dall’apparire, dal denaro e dalla vanità, è davvero necessario contrastare la violenza con altra violenza ?
Morale o psicologica che sia è un atto di potere vano, fine a sé stesso che altro non porta ad una continua reazione a catena di episodi spiacevoli che rendono meno “umano” l’essere umano stesso.