“È stato Massimo Bossetti ad uccidere Yara Gambirasio”. Lo dicono anche i giudici della Corte d'Appello di Brescia presieduta da Enrico Fischetti che hanno confermato la condanna all'ergastolo per il muratore che solo pochi mesi fa aveva tentato il suicidio in cella e che continua a professarsi innocente dal carcere. I giudici hanno confermato la sentenza di primo grado e tracciano un profilo dell'uomo che, secondo loro, nel novembre 2010 ha ucciso la giovane 13enne di Brembate di Sopra all’uscita della palestra dopo l’allenamento di ginnastica con le amiche.

Le motivazioni della sentenza, nelle 380 pagine redatte dalla Corte, sono di forte condanna nei confronti del muratore e descrivono il profilo psicologico di Bossetti che secondo le motivazioni della Corte d’Appello “stava bighellonando senza costrutto e non voleva tornare a casa dove lo aspettavano le incombenze familiari; l'uscita delle ragazze della palestra ha esercitato su di lui un indubbio richiamo perché provava un insistente e perdurante interesse per le adolescenti in età puberale”. C’è un drammatico passaggio nelle motivazioni: “Yara Gambirasio è stata lasciata morire in preda a spasmi e inaudite sofferenze in un campo abbandonato e lontano a causa del freddo e delle ferite”.

Bossetti in preda a pulsioni sessuali

Una sentenza da brividi, un profilo che racconta di come Bossetti aveva anche “pulsioni sessuali intense, le stesse che - secondo i giudici - avrebbe manifestato nelle lettere alla detenuta Gina, nel carcere di Bergamo, una donna che non aveva mai incontrato personalmente”. Tra l'altro, ricostruendo il periodo che viveva il muratore all'epoca dell'omicidio, i giudici scrivono che “aveva litigato con la moglie e probabilmente in quel periodo non aveva rapporti sessuali con lei”.

Nel descrivere come Bossetti è riuscito a sequestrare Yara, spiegano: “È sparita mentre stava andando a piedi a casa ed è stata aggredita, fatta salire su un mezzo di trasporto con costrizione e inganno”. Gli stessi giudici, infine, scrivono che “il muratore Bossetti si aggirava a bordo di un autocarro cassonato nel momento in cui le ragazzine uscivano dalla palestra”.

Intanto, c’è un altro mistero. Nelle settimane scorse, nel computer di un 53enne di Rimini, in un’inchiesta anti-pedofilia, è stato ritrovato un file di 40 pagine su Yara Gambirasio, non è stato però ancora chiarito se le foto risalgano a prima della morte oppure se si tratti di fotomontaggi dopo che la ragazza è stata uccisa. Un macabro gusto da parte dell’uomo coinvolto nell’inchiesta “Black shadow” partita dalla Procura di Trento.