Il Tribunale Penale Internazionale per crimini di guerra nell'ex Jugoslavia, con sede all'Aia, ha condannato in primo grado l'ex generale serbo Ratko Mladic, sul quale pendevano undici capi di imputazione tra crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità, alla pena dell’ergastolo. Il presidente della Corte, Alphons Orie, leggendo la sentenza ha affermato che "i crimini commessi si classificano tra quelli più efferati conosciuti all'umanità, e includono genocidio e sterminio come crimine dell'umanità".

Invece il responsabile dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra'ad al-Hussein, ha definito Ratko Mladic come uno dei "simboli del male".

L’ex comandante dell'esercito serbo-bosniaco ha iniziato la carriera militare nell'Armata popolare jugoslava nel 1965, divenendo successivamente capo di stato maggiore delle forze armate dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina durante la guerra in Bosnia che, tra il 1992 ed il 1995, ha visto la morte di 12.000 civili. L'ufficiale è stato accusato nel 1995 dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia dell'assedio di Sarajevo e del massacro di Srebrenica.

Il "Boia di Srebrenica"

Ratko Mladic è soprannominato "Boia di Srebrenica", o anche "Macellaio dei Balcani" perché, durante gli anni del conflitto, guidò le truppe in nome della "Grande Serbia" alla conquista dei Balcani, facendo uccidere civili e ordinando bombardamenti.

Il generale serbo si è reso responsabile di alcuni degli episodi più sanguinari in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale, rendendosi artefice di una pulizia etnica nei confronti dei musulmani-bosniaci. Mladic, inoltre, è accusato di aver riportato i campi di concentramento in Europa, nei quali ha fatto torturare e uccidere numerosi prigionieri, ordinando veri e propri omicidi.

Il soprannome "Boia di Srebrenica" deriva dal massacro che ordinò nella città bosniaca: dall'11 al 14 luglio 1995, dopo aver assediato la cittadina sotto il controllo dell'ONU, fece sterminare più di 8.000 persone tra ragazzi e uomini bosniaci, concedendo la fuga solo alle donne e ai bambini. Alla fine della guerra è diventato un fantasma: con l'aiuto dei familiari e con la protezione dell’esercito jugoslavo è riuscito a sfuggire alla giustizia per 16 anni, vivendo nell'anonimato fino a quando, nel 2011, è stato arrestato nella casa di campagna di un cugino, nel Nord della Serbia.