E' stata la notizia principale di tutti i giornali, televisivi, cartacei o digitali, del 17 novembre: è morto Totò Riina, aveva 87 anni appena compiuti.

Dopo la sua cattura nel gennaio del 1993 da parte del CRIMOR (reparto speciale dei ROS) guidato dallo storico Capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio (che ispirò Stefano Reali nella sua miniserie televisiva "Ultimo - Il capitano che arrestò Totò Riina" trasmessa per la prima volta su Canale 5 nel 1998, con mirabile interpretazione di Raoul Bova nel ruolo del poliziotto) venne condannato a 26 ergastoli e sottoposto a regime 41/bis, prima all'Asinara in Sardegna, poi a Marino del Tronto ad Ascoli Piceno.

Non c'è compassione: le dichiarazioni dei parenti delle vittime del "Capo dei Capi"

"Non gioisco per la sua morte, ma non posso perdonarlo. Come mi insegna la mia religione avrei potuto concedergli il perdono se si fosse pentito, ma da lui nessun segno di redenzione è mai arrivato. [..] Per quello che è stato il suo percorso mi pare evidente che non abbia mai mostrato segni di pentimento. Basta ricordare le recenti intercettazioni in cui gioiva della morte di Giovanni".

Fredde ed estremamente razionali sono le parole di Maria Falcone, sorella del famosissimo magistrato che, insieme a Paolo Borsellino, negli anni '80 - '90 ha portato avanti la lotta alla mafia.

"Ha fatto la fine del tonno": quest'espressione, detta da Riina in una conversazione con un compagno di detenzione, non è andata giù a Maria Falcone.

Da buona cristiana sarebbe stata anche disposta a perdonarlo, come lei stessa afferma, ma il boss non ha mai dato segni di voler cambiare idea: quel ghigno beffardo e crudele se lo è portato nella tomba.

"Meno se ne parla, meglio è. [...] Non merita altro per quello che è stato e per quello che ha fatto. E se ne vada in silenzio con tutti i suoi segreti".

E' ancora vivissimo il ricordo, nella testa di Giuseppe Costanza, autista di Giovanni Falcone il 23 maggio 1992, nella tragica strage di Capaci, costata la vita al magistrato. Non mostra né compassione (giustamente, nda) né disprezzo, ma predica l'indifferenza.

Afferma che è meglio lasciar dimenticare in fretta la morte di un uomo così crudele e abietto come è stato Riina, per non dare troppa importanza alla sua figura e alla sua organizzazione mafiosa in generale.

La CEI nega i funerali pubblici: la Chiesa contro la Mafia

"Sono da escludere funerali pubblici per Riina". Parole perentorie quelle di Ivan Maffeis, portavoce della CEI. Anche la Chiesa condanna la mafia, e don Maffeis lo fa capire benissimo. Dice che "sarebbe diverso se la famiglia chiedesse che un sacerdote accompagnasse la salma, perché quello non si nega a nessuno".

"Bisogna considerare anche l'importanza dei segni - aggiunge - e i funerali pubblici sono segni che confondono".