Sono stati riconosciuti colpevoli dell'omicidio di Antonio Piombo, il barista 60enne di Cento che fu ucciso con due colpi di pistola, uno alla testa, l'altro all'addome, la notte tra il 26 e il 27 maggio 2016 sull'argine del Po, a Garofalo di Carnaro, in provincia di Rovigo. L'ex maresciallo dei carabinieri, il 46enne Salvatore Ciammaichella, che girava con una Mauser carica nella fondina, e la sua compagnia Monia De Sole, 42enne, oggi sono stati condannati in primo grado dal tribunale di Rovigo. Una storia balorda e senza capo né coda, la loro.

Scelta del rito abbreviato

I due imputati sono stati condannati con rito abbreviato dal giudice per le udienze preliminari, Pietro Mondaini, per omicidio volontario, rapina in concorso e uso indebito della carta di credito sottratta alla vittima, rispettivamente a 20 e 18 anni di reclusione, già scontati di un terzo per il rito scelto. Entrambi, poi, hanno un'altra condanna a 2 anni e 8 mesi per abbandono di minore: per andare a giocare più volte alle macchinette, lasciarono la figlia di lei, che aveva 8 anni, sola in auto. Ciammaichella, inoltre, che all'epoca dei fatti prestava servizio presso la caserma di Cento, ha cumulato anche un arresto di 4 mesi per la violazione della legge sulle armi: aveva 11 armi da fuoco, tra le quali la Mauser 7.65 millimetri che avrebbe sparato in occasione dell'omicidio di Piombo, detenute senza sicurezza, in un armadio nella camera della bambina.

Al fratello della vittima, Agostino Palumbo, il tribunale ha riconosciuto una provvisionale di 160 mila euro. Il risarcimento del danno alle parti lese, verrà stabilito in sede civile. I legali dell'ex carabiniere e della sua compagna faranno ricorso in appello. Piombo, che faceva il cameriere e lavorava al bar della stazione di Padova, fu assassinato con due colpi di pistola, una Mauser 7.65 millimetri, poco dopo l’una della notte del 27 maggio 2016 in una golena sul Po per cause mai completamente chiarite.

Diverse versioni dei fatti

Perché il barista della stazione ferroviaria di Padova sia stato ucciso, resta ancora un fatto controverso. Di certo c'è che poco dopo l'omicidio, verso l'una di notte, Ciammaichella venne ripreso da alcune telecamere di sorveglianza della zona mentre scendeva dall'auto di Piombo, una Punto.

Lo seguiva la Peugeot 307 guidata da Monia Desole. I due, residenti a Frassinelle (Rovigo), non chiamarono i soccorsi dopo i due spari contro Piombo e furono fermati una settimana dopo il delitto dai colleghi di lui. Appena sentito, l'allora maresciallo sostenne che il barista avrebbe disturbato un incontro sessuale tra lui e la compagna, da ciò scaturì una lite finché, nella concitazione, sarebbero stati sparati accidentalmente i due colpi di arma da fuoco. I legali di Ciammaichella hanno puntato la difesa sul fatto che l'imputato non aveva alcuna intenzione di uccidere. Quelli di Desole sulla completa estraneità dell'assistita ai fatti contestati. Anzi la difesa della donna, ha raccontato tutt'altra storia: quella notte, di ritorno a casa, l'auto di Piombo avrebbe lampeggiato verso di loro.

Il compagno si sarebbe fermato decidendo di rapinarlo, mentre lei avrebbe ignorato la sua intenzione e che fosse armato. Per il pm Fabrizio Suriano, però, il movente dell'omicidio è stato proprio la rapina. Li inchioda il bancomat della vittima, usato dopo l'omicidio anche se per prelevare poche centinaia di euro. E anche se la Desole non ha sparato materialmente, per l'accusa doveva rispondere del concorso morale in omicidio. Tesi accolta dal tribunale. Il pm aveva chiesto 25 anni di reclusione e 8 di arresto per Ciammaichella; 19 anni e 6 mesi per Desole. Il rito abbreviato ha ridotto la pena.