Oggi a Palermo è stato decapitato il clan mafioso di Borgo Vecchio, grazie agli arresti eseguiti dal Nucleo investigativo dei Carabinieri. I 17 arrestati sono accusati di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsione, illecita detenzione di armi e munizioni, rapina e intestazione fittizia di beni.
L'inchiesta che ha portato agli arresti è stata coordinata dalla Dda di Palermo e dal procuratore Francesco Lo Voi, è la prosecuzione dell'inchiesta che negli ultimi sei anni ha consentito di arrestare diversi appartenenti al clan di Porta Nuova.
Mafia, maxi operazione dei carabinieri a Palermo
Durante le perquisizioni è stato anche rinvenuto il libro mastro del pizzo, che ha consentito di scoprire almeno 14 episodi di estorsione ai danni di diversi imprenditori e commercianti di Borgo Vecchio.
L'inchiesta è partita grazie alle rivelazioni del 2015 di alcuni pentiti e a diverse intercettazioni telefoniche, che hanno consentito di stabilire quali fossero i legami, le dinamiche e gli assetti della cosca.
Grazie a questa inchiesta è stato anche possibile risalire agli esecutori materiali di una sparatoria avvenuta il 4 marzo 2015 nella piazza centrale e gli autori di una rapina avvenuta nel 2011 in cui rimase ferita la vittima della rapina, mai autorizzata dal boss del clan, motivo per cui gli autori della rapina furono aggrediti brutalmente dagli esponenti del clan mafioso.
Il rinvenimento del libro mastro del pizzo ha portato alla luce e alla confessione di 14 imprenditori e commercianti del luogo che non hanno potuto far altro che confermare i diversi episodi di taglieggio subìti nel corso degli anni.
Secondo gli inquirenti ci sarebbe una vera e propria fazione del clan che si occupava di riscuotere il pizzo per provvedere al sostentamento dei famigliari dei detenuti, gestendo anche la locale piazza di spaccio di sostanze stupefacenti.
Arrestato esponente di un clan palermitano A capo della cosca si trova Elio Ganci, che negli anni si sarebbe servito di Fabio Bonanno, Salvatore D'Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta.
Al clan sono altresì riconducibili diverse attività commerciali della zona, intestate a prestanome ma a tutti gli effetti riconducibili a diversi esponenti del clan, che le utilizzavano per ripulire i proventi delle attività illecite, attraverso un semplice meccanismo di riciclaggio.
Quello di oggi è l'ennesimo tassello di una lunga e laboriosa lotta ai clan di Cosa Nostra, che porta alla luce come, ancora oggi, la pratica del pizzo sia a tutti gli effetti uno dei maggiori introiti derivanti dall'attività illecita.