"Il suo potere militare è finito, ma non la minaccia che rappresenta". Così Marco Minniti, ministro dell'Interno al seminario del Gruppo speciale sul Mediterraneo e Medio Oriente dell'Assemblea parlamentare della Nato, alla Camera dei deputati. Il riferimento è a Daesh, allo scacco militare che ha subìto negli ultimi tempi, dopo la caduta di Mosul e Raqqa, ma il rischio "rigurgito" di terrorismo è sempre incombente anche per il possibile ritorno dei cosiddetti 'foreign fighters' che sono sopravvissuti, verso il Nord Africa e l'Europa. Il ministro ha evidenziato l'opportunità di una collaborazione di carattere internazionale, parlando di Mosul e Raqqa come "miniere d'informazioni" sugli stessi 'foreign fighters' e sottolineando la rete di scambio d'informazioni che è stata avviata nel corso del tempo.

Un'attività che, secondo Minniti, va condotta ancora con determinazione, perché "fondamentale" sul fronte della prevenzione degli attacchi di matrice terroristica.

Le 'chiavi' per neutralizzare la pesante minaccia

"Per confermare la propria esistenza in vita", Daesh o Isis, si tratta dello stesso fenomeno, sembra orientato a "una risposta più propriamente terroristica" anche mediante i 'foreign fighters' che ritornano, non per una pianificata "ritirata strategica". Si tratta di una "fuga". E proprio quelli che hanno intrapreso il cammino verso casa rappresentano "una minaccia da non sottovalutare", ha spiegato il ministro. A questo punto, secondo Minniti, sarebbero due le "chiavi" per neutralizzare la pesante minaccia, tutt'altro che sottovalutabile, a cominciare dalla prevenzione, che va fatta con la solita, necessaria, determinazione.

Non secondario, né meno importante, il ruolo dell'intelligence. Due "terreni" da dominare in lungo e in largo per arrivare ai risultati sperati. In tale contesto è assolutamente non remota l'ipotesi che "queste persone" possano mischiarsi ai considerevoli flussi migratori verso i Paesi europei. Il ragionamento non può non tenere conto di due "questioni" di assoluto rilievo, che negli ultimi mesi hanno assunto l'ampiezza e la perentorietà di "un imperativo" per tutta la comunità internazionale e, ovviamente, per la Nato, l'Organizzazione del Trattato Nord atlantico, per la collaborazione nella difesa: lo scacchiere dell'Africa settentrionale e, principalmente, la Libia, ormai individuato come un vero e proprio confine della zona Sud dell'Europa.

Da non dimenticare la questione Balcani - dov'è in corso una sorta di sfida "cruciale" per le "esperienze di radicalizzazione" - e il rischio di gruppi che operano senza un comando e di coloro che agiscono come "lupi solitari".

Le insidie del web

Il tema coinvolge anche internet. Il web si è rivelato anche uno spazio d'esasperata "radicalizzazione" e, soprattutto, d'intenso "reclutamento".

In più casi anche di quotidiana "istruzione" e, non raramente, di devastante "emulazione". Non si tratta di mettere in discussione la libertà che la realtà on line ha portato ovunque, in ogni angolo del pianeta, né di stabilire estemporanee proibizioni, ma di "regolare insieme ai grandi provider". In merito occorre una discussione senza se e senza ma, sostanzialmente "chiara". Le premesse per un'alleanza forte e duratura con i "big" della grande rete ci sono tutte. Alcuni di loro, peraltro, hanno avuto modo di prendere parte al G7 di Ischia, impegnandosi nei lavori dedicati al contrasto della minaccia di natura terroristica sulla rete. Di fronte alla drammatica sfida lanciata all'intera umanità, da Daesh, la comunità internazionale è chiamata a mantenere compattezza e "unione" nella risposta militare come nel controllo dell'intelligence e, infine, nella risposta politica.