Si era offerto di accompagnarla a casa dove l'ha violentata, proprio dopo che in caserma aveva verbalizzato la sua triste deposizione. Vittima di una violenza sessuale da parte di un Carabiniere, una donna disabile 40enne che si era recata in una caserma della provincia di Torino per denunciare abusi e maltrattamenti da parte del suo compagno. Una vicenda che ricorda il presunto stupro a Firenze di due studentesse da parte di due militari che si erano offerti di portarle a casa dopo una serata in discoteca. Ma questa vicenda è accaduta molto tempo prima: i fatti risalgono al novembre 2013.

Ora il responsabile del reato, il sottoufficiale 39enne Michele Doccini, è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Ivrea a sette anni e mezzo di reclusione per violenza sessuale.

I fatti

Il 1 novembre 2013, la vittima si era recata presso la stazione dei carabinieri di Mathi, in provincia di Torino, per denunciare percosse e maltrattamenti da parte del suo compagno. Il militare Michele Doccini che quel giorno era in servizio, raccolse e verbalizzò la denuncia della donna che ricostruì una storia di 'ordinarie' violenze domestiche. Dopo aver ottenuto la fiducia della vittima, approfittando della sua condizione di particolare vulnerabilità, si offrì di accompagnarla a casa con la scusa di volerla aiutare controllando che il compagno violento non fosse nell'abitazione, e non potesse ancora abusare di lei.

Con questo vile stratagemma, il militare approfittò della donna: una volta in casa, infatti, non assecondò la volontà della vittima che gli aveva chiesto di andare via perché non c'era ragione di trattenersi, ma cambiò drasticamente atteggiamento, tramutandosi da 'angelo custode' in diavolo. Chiusa la porta di casa, infatti la stuprò. Come raccontato dalla stessa vittima, non avendo alcun modo di rifiutarsi o reagire, non le restò che cedere sperando che l'incubo finisse il più presto possibile. La intimorì anche dicendole che un domani ci sarebbero state a confronto la parola di lei contro la sua e che, essendo lui un carabiniere, tutti avrebbero creduto alla sua versione dei fatti.

Il processo e la condanna

Il Pm Ruggero Crupi, dopo aver ricostruito i fatti, e chiesto per l'imputato 6 anni di reclusione, ha concluso la sua requisitoria sostenendo che anche se la difesa avrebbe voluto far passare la vittima come non credibile, il racconto da lei fatto era stato preciso, dettagliato e circostanziato. E non avrebbe avuto alcun motivo per inventare una storia del genere. Infatti i difensori del militare, Bartolomeo Petitti e Emanuela Bellini, hanno incentrato la loro arringa insistendo sul fatto che la storia della donna non fosse attendibile, allegando esempi di altre denunce presentate dalla stessa, puntando poi anche sul dettaglio, ritenuto a loro dire rilevante, che fosse in cura da uno psicologo.

Inoltre, hanno tentato di sostenere che dalle celle telefoniche, Doccini nel giorno dei fatti a lui attribuiti, si trovasse distante dall'abitazione della donna. Il collegio del tribunale di Ivrea, presieduto da Elena Stoppini, non solo ha accolto la tesi dell'accusa, ma ha aumentato la pena di un anno e mezzo, condannando l'imputato a 7 anni e mezzo di reclusione. La difesa ha già pronto il ricorso.

Guai nell'Arma

Più di un clamoroso episodio di cronaca, di recente ha scosso l'Arma e la sua immagine. In primo piano, la vicenda dei due carabinieri indagati per stupro a Firenze e quella del collega accusato di aver abusato della figlia della sua compagna. Per non parlare dello scandalo dei 37 carabinieri indagati, tra cui anche due ufficiali, per una brutta storia di abusi e violenze, commessi in due caserme della Lunigiana.