Non ci sono più speranze per l’Ara San Juan, il sottomarino della marina militare Argentina scomparso il 15 novembre scorso nell’Oceano Atlantico: il portavoce della marina, Enrique Balbi, nel corso di una conferenza stampa ha annunciato la sospensione delle operazioni di salvataggio “durate il doppio rispetto a quanto previsto dai protocolli internazionali” e portate avanti da una coalizione internazionale. Proseguono solo le operazioni di ricerca del relitto, particolarmente difficili perché il sottomarino potrebbe essere affondato su un fondale di circa 900 metri.

Quindici giorni di ricerche vane

La task force di ricerca, composta da mezzi navali e aerei, ha setacciato per due settimane miglia e miglia marittime intorno alla zona in cui è scomparso l’Ara San Juan, dopo l’ultimo contatto con il comando operativo di Mar del Plata. In quindici giorni non è stata trovata alcuna traccia, non sono stati rilevati contatti con il sottomarino, non sono state rinvenute scialuppe o altri elementi. Le speranze di salvare i 44 membri dell’equipaggio sono quindi azzerate.

I marinai sono probabilmente morti in meno di due minuti

Dopo la smentita delle comunicazioni telefoniche satellitari provenienti dal sottomarino, diffusasi nei primi giorni di ricerche, l’unico dato certo è quello di una forte esplosione subacquea rilevata da mezzi militari statunitensi e confermata da esperti austriaci.

Inoltre, il comandante dell’Ara San Juan, Pedro Martinez Fernandez, aveva comunicato un’avaria a bordo, un ingresso di acqua di mare nella batteria numero 3 attraverso lo snorkel, ovvero il sistema di ventilazione.

Il capitano di fregata Horacio Tobias, ingegnere navale, ha dichiarato al quotidiano El Clarin che l’ingresso di acqua di mare nel sottomarino, secondo la ricostruzione più attendibile, avrebbe provocato una scarica elettrica incontrollata e di conseguenza un’esplosione, quella rilevata dai sensori acustici statunitensi.

Lo squarcio provocato dall’esplosione avrebbe fatto invadere il sottomarino dall’acqua, provocando la morte di quasi tutto l’equipaggio in meno di due minuti.

La comunicazione ai familiari, alcuni si costituiscono parte civile

Contemporaneamente alla conferenza stampa, una decina dei familiari dei componenti l’equipaggio è stata fatta entrare nella base militare di Mar del Plata per ricevere la comunicazione dello stop alle operazioni di soccorso.

Nei giorni scorsi i familiari avevano a più riprese implorato il comando militare di non sospendere le ricerche e anche questo aveva contribuito a far proseguire le operazioni, sino alla resa di oggi.

I familiari di sette marinai si sono costituiti parte civile nel fascicolo aperto da un magistrato federale argentino per indagare su quanto avvenuto: a loro giudizio, la Marina avrebbe mentito in tutti questi giorni, in particolare nascondendo l’informazione circa l’avaria a una batteria e ammettendo solo alla fine, oltre ad averlo fatto esclusivamente per la pressione esercitata dai media.