La tutela minori fa parte del più generale settore dei Servizi Sociali che si occupano delle fasce di popolazione definite “deboli”. Si trovano quindi all’interno i servizi rivolti agli anziani, ai disabili adulti, ai disabili minori e, appunto, alla tutela minori. Gli operatori che fanno parte di tale ambito sono solitamente assistenti sociali e psicologi e, talvolta, educatori.
Come viene attivato l’intervento della tutela minori
Esistono due modi per accedere ai servizi della tutela minori: il primo, meno frequente, è un accesso spontaneo, il secondo è un intervento coatto.
Nel primo caso è la famiglia stessa a presentarsi allo sportello di accoglienza della tutela minori, solitamente per richiedere un contributo economico, un’assistenza per qualche membro disabile della famiglia o per un aiuto a trovare lavoro o una casa. Il primo step, quando l’accesso è spontaneo, è quello di un colloquio con l’assistente sociale che accoglierà la richiesta e valuterà la possibilità di rispondere a tale domanda o attiverà ulteriori risorse che ritiene più adeguate per quel nucleo familiare. Infatti spesso le persone non conoscono i servizi a cui possono accedere o non si rendono conto di aver maggior bisogno di altri tipi di aiuto; compito dell’assistente sociale in questo step è quello di rilevare la domanda reale sulla base delle proprie competenze, dei propri studi e della propria esperienza.
Il secondo caso di accesso è quello più complesso e difficile, ed è appunto quello coatto. Tale accesso avviene a seguito della segnalazione da parte di terzi di una possibile situazione di pregiudizio per un minore. La segnalazione proviene solitamente dalla scuola, luogo in cui gli insegnanti possono osservare per più tempo bambini e ragazzi ed individuare pericoli per la loro salute psicofisica.
In alcuni casi la segnalazione può anche provenire da altri membri della famiglia che si sono accorti della situazione di pericolo, da vicini di casa, allenatori e qualsiasi altra persona vicina alla famiglia. Una segnalazione frequente proviene dagli ospedali, qualora arrivassero bambini e ragazzi che hanno subito lesioni sospette o abusi di diverso tipo.
La segnalazione, fatta al servizio stesso o ai carabinieri, viene inviata al Tribunale dei Minori di competenza che incaricherà il servizio di effettuare un’indagine psicosociale sul nucleo familiare, per individuare l’effettiva presenza di situazioni di pericolo per il minore.
Questo accesso è considerato il più complesso perché non implica la motivazione dei membri della famiglia a farsi aiutare, gli aiuti vengono visti come un’invasione ed una violenza che viene fatta loro ed ai loro figli. La presenza del Tribunale è inoltre estremamente minacciosa per i genitori che vedono in esso un potere molto più forte di loro, che può decidere del futuro dei loro figli e della loro famiglia. Si creano quindi situazioni di paura e rabbia che portano ad una lotta aperta verso il servizio e manca l’alleanza con gli operatori coinvolti che devono trovare una mediazione con tali famiglie, cercando un aggancio per far loro accettare l’aiuto.
Quali situazioni arrivano alla tutela minori
L’accesso coatto ai servizi sociali non avviene se non vi sono situazioni di pericolo per i minori coinvolti. Troviamo dunque segnalazioni riferite a: sospetti maltrattamenti fisici e/o verbali verso i minori, separazioni molto conflittuali che coinvolgono i figli in ritorsioni e vendette verso il coniuge, sospetti abusi sessuali, grave incuria, problemi di alcolismo o abuso di farmaci e sostanze psicotrope, abbandono di minori, casi di penali minorili.
L’iter d’indagine psicosociale
Quando il Tribunale riceve la denuncia, incarica tramite un decreto provvisorio il servizio di effettuare un’indagine psicosociale, per determinare la veridicità delle affermazioni, la gravità della situazione e per proporre un piano di intervento che verrà poi valutato dal Tribunale stesso.
Se la situazione lo richiede, può affidare temporaneamente il minore al servizio ed i genitori dovranno concordare le decisioni sui figli con gli operatori. L’iter di indagine solitamente comprende:
- la convocazione della famiglia per la lettura e spiegazione del Decreto che hanno ricevuto. In questa fase si accolgono le preoccupazioni dei genitori, la loro versione dei fatti e si spiega loro come il servizio intende procedere;
- una visita domiciliare presso la loro abitazione, per valutare l’adeguatezza (igienica, di ordine e di spazi) della casa in cui i minori vivono. Non viene preteso che le case siano perfette, si valuta solo l’idoneità dell’abitazione e ci si assicura che le condizioni base di vita siano presenti;
- colloqui individuali con i genitori e colloqui di coppia;
- colloqui individuali con i minori coinvolti, qualora l’età lo permetta;
- eventuale somministrazione di test psicodiagnostica per una più approfondita valutazione delle condizioni psicologiche dei diversi membri;
- viene stilata la relazione dall’assistente sociale e dallo psicologo in cui vengono inseriti i dati raccolti in tutte le fasi precedenti, proponendo degli interventi da attuare sul nucleo familiare;
- il Tribunale riceve la relazione, valuta attentamente tutti gli interventi e le proposte del servizio e redige un ulteriore decreto, provvisiorio o definitivo, in cui decide quali interventi mettere in atto tramite la tutela.
Gli interventi
Le risorse che il servizio può attivare sono molteplici.
Può fornire sostegno economico alla famiglia e supporto psicologico tramite dei colloqui di sostegno alla persona e/o alla genitorialità. Esistono inoltre diversi interventi che comprendono educatori, come l’Assistenza Domiciliare che prevede la presenza dell’educatore all’interno della famiglia per alcune ore alla settimana, dove aiuterà la famiglia ed i minori dal punto di vista educativo. Oppure i minori possono andare all’interno di centri diurni per alcuni pomeriggi, dove svolgeranno i compiti, staranno con i coetanei, svolgeranno laboratori e potranno vivere un’esperienza quotidiana di accudimento diversa rispetto alla loro. Infine esistono le comunità educative dove il minore alloggia per periodi più o meno lunghi a seconda della gravità della situazione.
Esistono anche comunità terapeutiche dove oltre ad educatori sono presenti infermieri e medici psichiatri, poiché alloggiano ragazzi con patologie psichiatriche che richiedono cure farmacologiche. Se la situazione è estremamente compromessa, con grave incuria e pericolo per il minore e se gli interventi di supporto precedenti non hanno avuto effetto, il minore verrà dichiarato adottabile. Tale decisione viene presa solo ed esclusivamente nelle situazioni in cui non vi sono possibilità per genitori e figli di riuscire a vivere insieme senza che la salute fisica e mentale del minore venga fortemente compromessa. La tutela minori lavora molto “in rete” ovvero avvalendosi delle diverse strutture pubbliche e private che ha a disposizione sul territorio, come le UONPIA, i servizi come il Ser.T per problemi di alcolismo o i consultori familiari.
C’è spesso timore nel segnalare una situazione di difficoltà a cui si è assistito, i motivi di tale timore sono diversi. Si può pensare di aver interpretato male, di stare travisando la gravità del problema dato che ogni famiglia ne ha qualcuno. Si ha paura delle conseguenze che possano esserci per quella famiglia e ci si sente in colpa a mettere nei guai qualcuno che si conosce e che ci conosce. Questi timori sono normali ed in gran parte sono legati ad alcuni pregiudizi che molti hanno rispetto al lavoro svolto dalla tutela minori e sulle famiglie in esso coinvolte. Tuttavia, quando la situazione lo richiede, è doveroso permettere alla famiglia di avere una seconda possibilità di stare bene insieme, coinvolgendo persone formate e specializzate nella cura delle famiglie. Solo in questo modo si da la possibilità ad alcuni ragazzi di uscire da un percorso di vita prefissato, aprendo nuove strade a loro ed alle loro famiglie.