Questo non vuole essere uno di quei sermoni che ricordano quanto sia bello vivere perché ci sono persone più sfortunate di noi. Molti esseri umani soffrono e non traggono sollievo o beneficio dalla sofferenza altrui. Resta però un fatto. Esistono delle persone che amano a tal punto la vita da diventare letteralmente straordinarie. E se noi non riusciamo ad essere come loro, almeno possiamo raccontare e tramandare le loro storie. Questa è la storia di due di loro. Ed è una buona notizia.
Judi Dench, la 'capa' di James Bond e la maculopatia
Ricorderete certamente il capo di James Bond.
judi dench, sullo schermo nel ruolo di 'M', dava ordini alla spia più affascinante del mondo. In privato invece, combatteva contro la maculopatia, una malattia degenerativa degli occhi. Si chiama resilienza, ed è la capacità di far fronte agli eventi negativi della vita utilizzando le proprie risorse interiori. Le risorse di Judi sono gli alberi. Si è ritirata in una grande casa immersa nel verde dei boschi del Surrey, e qui coltiva una passione molto particolare.
Ogni albero è una persona
Un bellissimo articolo di Farina apparso due giorni fa su 'Il corriere della sera', parla di Judi e dell'intervista che ha rilasciato al quotidiano. La donna è ritratta tra gli alberi della sua tenuta, e ne parla come se fossero persone di famiglia.
Viene quasi da pensare agli Ent de 'Il signore degli anelli'. Indica una grande quercia e afferma orgogliosa, come fosse una nonna intenerita, che quella pianta maestosa ha sviluppato ben 12 chilometri di rami. È così che vive Judie, camminando con incertezza a causa della malattia ma manifestando ancora la bellezza vera, quella che viene da dentro.
Quella che lei ritrova nei suoi alberi. Ma la vera commozione arriva quando Judi presenta i membri della sua famiglia. "Questo è Michael', dice emozionata ammirando un albero a cui ha dato il nome del suo compianto marito. Perché lo fa? Perché, spiega lei, 'invece di portare fiori su una tomba, ho voluto creare qualcosa che continuasse a crescere anche dopo la morte fisica'.
Un pensiero eterno, bellissimo, tenero.
Alessia e i tatuaggi per sentirsi una guerriera
Poi c'è Alessia, una studentessa di 21 anni in giurisprudenza. È sempre dalle pagine de 'Il corriere della sera' che Alessia racconta la sua storia. Una storia cominciata all'età di 11 anni. Allora Alessia scopre di essere affetta da Fibrosi cistica, una terribile malattia genetica contro la quale non esiste ancora una cura definitiva. I suoi genitori cercano di nasconderle il dramma, ma lei intuisce che qualcosa di brutto sta accadendo. Così fa una ricerca su internet e scopre di essere ammalata, ma non di qualcosa che poi passa. Si tratta di una malattia che potrebbe impedirle di vivere a lungo. Anzi, se è fortunata potrebbe sopravvivere solo un po'.
Ed è lì che qualcosa le scatta dentro. La resilienza? Dio? Un'illuminazione? Ma conta qualcosa in fondo dare un nome ad una forza interiore che va oltre il male, la sofferenza, il dolore e la rabbia? Fatto sta che Alessia inizia a farsi tatuare. L'ago che le buca la pelle oramai non le dà più dolore, ci è abituata. Ogni tatuaggio le ricorda che sta lottando, la trasforma in una guerriera. E l'aiuta a vivere, anziché a sopravvivere. Così, quando vi capita qualcosa di brutto, qualcosa che vi dice che tutto è finito, cercate in voi quella forza. Può essere qualunque cosa. Curare il giardino, fare del volontariato, mollare tutto e girare il mondo, leggere libri o semplicemente amare chi vi sta accanto.
Perché non è importante dare un nome alla vita. Ciò che conta è attraversarla, invece di passarle solo accanto.
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