Il “capo” si fingeva avvocato o carabiniere, il vice aveva il compito di raccogliere il bottino settimanale, a tre esattori il compito di incassare il denaro o i gioielli estorti con l’inganno alle vittime della truffa, tutte persone anziane milanesi: sono questi i componenti di una banda di truffatori, tutti provenienti da Napoli e identificati dai Carabinieri della quinta sezione del Nucleo investigativo di Milano, agli ordini del capitano Federico Smerieri. Al termine di mesi di indagini, a carico dei cinque sono state emesse ordinanze per misure cautelari, l'accusa è di aver portato a termine ventisette truffe complessive.

Struttura professionale e metodo collaudato

La banda si era strutturata in modo professionale e applicava sempre lo stesso sistema per attuare la truffa: i tre esattori raggiungevano Milano da Napoli, sceglievano una via (quasi sempre a caso) e da lì comunicavano telefonicamente al capobanda, Luigi M., i cognomi presenti sui campanelli. Il capo, da tempo trasferitosi in Spagna dove viveva tra Ibiza e Barcellona, cercava coincidenze tra i cognomi e la via prescelta tramite le Pagine Bianche online e poi iniziava il compito più difficile e delicato, telefonava a tutti i numeri reperiti e, quando rispondeva la voce di una persona anziana, cercava in tutti i modi, con tenacia e pazienza, di convincerla che un suo parente aveva causato un grave incidente stradale, che era stato arrestato e che per evitare il carcere era necessario depositare una cifra consistente o fornire dei gioielli in garanzia.

Luigi M. si presentava sempre come avvocato “Valentino” o “Molinari”, incaricato della difesa del parente presunto arrestato, oppure come il “maresciallo Primo”, e tentava in tutti i modi – una volta è rimasto quasi due ore al telefono – di convincere il suo interlocutore che il pagamento era necessario e immediato.

Le telefonate venivano fatte sempre a numeri fissi per una ragione ben precisa: quando il malcapitato abbassava la cornetta del telefono per comporre il numero dell’avvocato o del presunto comando dei Carabinieri per avere la conferma dell’avvenuto arresto, il truffatore non riagganciava la linea e quindi poteva sempre rispondere alla nuova telefonata.

Il ruolo degli esattori

Una volta convinto il malcapitato, questi si recava in banca per prelevare la somma richiesta e poi raggiungeva in un punto convenuto uno dei tre “esattori”, sempre ben vestiti e dai modi educati, consegnava il denaro o i gioielli e poi tornava a casa per ricevere una telefonata di conferma, che logicamente non arrivava mai.

La truffa ormai era stata completata.

Alla fine della settimana i tre esattori tornavano a Napoli per incontrarsi con il braccio destro del capo, giunto appositamente dalla Spagna per incassare quanto raccolto. I gioielli venivano subito venduti a ricettatori, il 20% del denaro estorto serviva per pagare i tre operativi, il resto partiva per la Spagna dove i due a capo della banda facevano la classica bella vita tra barche, ristoranti e locali notturni.

L’arresto grazie a uno spinello fumato in auto

La truffa ha avuto fine grazie alle indagini e alle intercettazioni dei carabinieri sui tre esattori, che citavano sempre gli stessi tre nomi: “Valentino”, “Molinari”, “Primo”. Questo ha consentito di stringere il cerchio sui cinque truffatori, fino a quando Luigi M., lo scorso luglio, è stato fermato dalla polizia spagnola perché sorpreso a fumare uno spinello in auto.

Una volta identificato, è stato arrestato perché su di lui pendeva un mandato d’arresto europeo per cumulo di pene per un anno e nove mesi (sempre per truffa) ed estradato in Italia.

Le indagini dei carabinieri sono proseguite sino a identificare tutti i cinque componenti: Luigi M., che nel frattempo era stato trasferito in un centro di recupero per tossicodipendenti nel parmense, ha ricevuto un nuovo provvedimento di custodia e ora si trova in carcere a Parma. Il vice, Stefano P., è stato arrestato venerdì scorso a Ibiza e per lui è già partita la richiesta di estradizione. Due degli esattori sono agli arresti domiciliari a Napoli, per il terzo è stato disposto l’obbligo di dimora, sempre nel napoletano.

Le truffe si sono protratte per un periodo di tre mesi, le vittime che hanno sporto denuncia sono 27 e la somma complessiva loro estorta supera i 200mila euro.