Non è proprio piaciuta ad asia argento la lettera sottoscritta da più di 120 donne del Cinema italiano sulle molestie sessuali. Il documento firmato da attrici, giornaliste, produttrici e registe, che hanno deciso di riunirsi dietro l’appellativo “Dissenso Comune”, ha fatto molto parlare, sia per il ritardo con cui è arrivato – più di quattro mesi dopo le prime denunce sui comportamenti del produttore Harvey Weinstein – sia per i contenuti, giudicati troppo generici. Infatti, dopo settimane di discussioni ed incontri, si è trovato un compromesso con un manifesto di sostegno alle vittime che, pur appoggiando la campagna “MeToo”, sceglie di evitare di fare i nomi, puntando il dito sull’intero sistema per “smascherarlo e ribaltarlo” senza citare esplicitamente nessuno.

Molte defezioni tra le firmatarie

È trapelato che l’iter di questa lettera è stato abbastanza travagliato, perché si è trovata a fatica una posizione comune. Inoltre appare subito all’occhio come manchino, forse per una scelta anagrafica ben precisa, i nomi di tutte le attrici della vecchia generazione e come ci siano alcune defezioni pesanti: niente Margherita Buy o Nicoletta Braschi, per citarne due. Tuttavia non compaiono nemmeno molte delle più giovani. Non stupisce l’assenza di Claudia Gerini – fidanzata per anni con Fabrizio Lombardo, braccio italiano di Weinstein – o di Monica Bellucci, che ha difeso a spada tratta Giuseppe Tornatore dalle accuse di molestie rivoltegli da Miriana Trevisan.

Stupisce semmai la presenza di chi, come Cristiana Capotondi, aveva preso posizione in favore di Fausto Brizzi.

Asia Argento non perdona

Insomma si è registrata una serie di incongruenze che ha scatenato polemiche immediate e che ha portato una delle firmatarie, l’attrice Francesca d’Aloja, a dissociarsi quasi subito. Ma la più battagliera è stata Asia Argento, una delle prime a denunciare i comportamenti di Weinstein, che ha definito, sprezzante, “letterina di Babbo Natale” il documento delle colleghe.

Poi, in un’intervista apparsa sul Fatto Quotidiano ha spiegato di essere stata contattata da Jasmine Trinca, che le aveva anticipato il “messaggio politico” che il gruppo voleva esporre con il manifesto; ma il contenuto le era sembrato troppo annacquato, tanto da indurla a non sottoscriverlo, quando si è resa conto che non c’era alcuna intenzione di modificarlo.

La sua definizione è impietosa: “Si tratta solamente di un modo per pulirsi la coscienza rispetto al silenzi con cui ci hanno avvolto per mesi”. Parole ripetute all’Hollywood Reporter: l’attrice ha dichiarato che avrebbe preferito essere coinvolta dall’inizio e soprattutto che fossero presenti i nomi di vittime e aguzzini in un testo che, secondo Asia, riflette perfettamente la mentalità misogina di un Paese in cui quelle che hanno parlato sono state denigrate e lasciate da sole. Anche Miriana Trevisan, su Twitter, ha osservato come sarebbe stato più onesto per le firmatarie ammettere di essere impossibilitate ad esporsi maggiormente, perché il sistema è ormai radicato e così facendo avrebbero rischiato di perdere il lavoro. Alla fine, invece di unire, la lettera sembra aver diviso ancora di più le donne del nostro cinema.