Non è una novità: quando un uomo di potere cade nel fango si moltiplicano le accuse e le illazioni da parte di chi aveva taciuto per anni. E così la rovinosa discesa negli inferi di Harvey Weinstein sembra non avere fine: è arrivata infatti una nuova testimonianza. Però a parlare questa volta non è un’attrice, ma una collaboratrice del celebre produttore, Sandeep Rehal, 30enne californiana che ha lavorato per due anni, dal 2013 al 2015, negli uffici a New York della Weinstein Company come assistente di Harvey. E che ora ha deciso di denunciare il magnate americano di ben 15 diversi capi di imputazione; in sostanza la donna sarebbe stata obbligata a svolgere una serie di mansioni degradanti, oltre che a subire Molestie dal suo datore di lavoro.

Un ufficio molto particolare

''Non c’era nessuna separazione tra la vita privata e quella lavorativa'' ha spiegato la Rehal in una lungo articolo del New York Post che ha suscitato molto clamore per i particolari scabrosi raccontati, che descrivono bene il clima che si doveva respirare in quegli uffici. Da Weinstein che detta senza vestiti le lettere di lavoro alla sua segretaria, alla gestione degli acquisti di farmaci per combattere la disfunzione erettile, sempre affidati alla donna. Diversi i compiti degradanti per l’assistente, che era costretta a rassettare l’ufficio personale del produttore dopo gli incontri focosi con attrici più o meno note: ''Dovevo perfino pulire il suo divano dallo sperma, oltre che raccogliere e gettare via i preservativi usati'' ha sospirato la donna, che era anche responsabile della lunga lista dei contatti, dove un asterisco indicava tutte le partner sessuali del magnate.

Le accuse di molestie

E poi ci sarebbero state anche le molestie, sia verbali che fisiche: si va dagli insulti misogini alle palpatine, che fecero prendere alla Rehal la decisione di non presentarsi più in ufficio indossando una gonna, ma in pantaloni; scelta molto criticata dal produttore che non poteva più allungare le mani facilmente.

Una novità di rilievo, nei racconti della donna, è il coinvolgimento del fratello di Harvey, Bob, e del capo delle risorse umane della società, Frank Gil, che avrebbero frequentato abitualmente quelle stanze e sarebbero stati al corrente di certi abusi, perpetrati con continuità fino a quando nel 2015 l’assistente, ormai stremata da queste vessazioni, ha deciso di licenziarsi.

Da notare come la portavoce di Weinstein, Holly Baird, che normalmente evita di commentare certe accuse, questa volta sia prontamente intervenuta per smentire le ricostruzioni fornite dall’ex collaboratrice, annunciando che si risponderà “nelle sedi appropriate” alle sue calunnie, smontando tutte le prove che la Rehal dice di avere. Molto probabilmente si arriverà ad un processo in cui scopriremo se si tratta dell'ennesima vittima di un predatore (Weinstein è da mesi in cura in una clinica specializzata per liberarsi dalla sua dipendenza) o di un'approfittatrice che, chiedendo un risarcimento milionario, vuole lucrare sulla pelle di quello che un tempo era uno degli uomini più potenti di Hollywood.