Sono arrivati nella serata di mercoledì, all'aeroporto militare "Mario de Bernardi" di Pratica di Mare - una frazione del comune di Pomezia, a pochi chilometri da Roma - i centocinquanta profughi individuati nei centri libici dall'Organizzazione delle Nazioni unite, poi identificati e autorizzati dall'Ambasciata italiana a Tripoli. Hanno viaggiato su un charter noleggiato dall'Alto commissariato per i Rifugiati dell'Onu. In prevalenza persone in condizioni di notevole vulnerabilità. In particolare, settantatré donne, cinquantanove uomini, nonché diciotto minorenni di diverse nazionalità, dall'Eritrea alla Somalia, dall'Etiopia al Sudan del Sud.

Tutti profondamente provati da periodi di stenti e sofferenze, spesso in condizioni di detenzione. Tutti con i requisiti per l'accoglienza come rifugiati. Tutti autorizzati a entrare legalmente nel nostro Paese tramite il cosiddetto "Corridoio umanitario". Una possibilità non di poco conto, grazie alla proficua cooperazione tra due ministeri, Interno ed Esteri, e non solo. In prima linea anche Cei, Conferenza episcopale italiana, Caritas e Alto Commissariato per i rifugiati. Gli ospiti troveranno posto nei centri resi disponibili dalla Cei attraverso la Caritas italiana.

Altre missioni umanitarie all'orizzonte

Si prevedono altre missioni umanitarie, fanno sapere dal ministero dell'Interno, in una nota pubblicata on line, ma sempre "in relazione alle disponibilità di accoglienza" e, comunque, nell'ambito di "un percorso" attraverso "canali legali".

L'operazione di mercoledì può definirsi la seconda tappa del nuovo percorso. Lo scorso dicembre, proprio qualche giorno prima di Natale, precisamente nel pomeriggio di venerdì 22, era stata la volta di centoundici migranti, giunti in Italia pure all'aeroporto di Pratica di Mare. Poi seguiti da altri cinquantuno. Complessivamente centosessantadue.

Un destino diverso da quello di un massiccio numero di conterranei approdati sulle coste siciliane con un gommone, rischiando la vita. Una data storica, quella del primo "Corridoio umanitario legale", nell'ambito di un accordo voluto anche dalla Libia, a tutela di persone con pieno diritto alla protezione internazionale.

Angherie e soprusi alle spalle

ll canale umanitario apertosi a dicembre, dunque, continua ad essere considerato un modo per "costruire la legalità", come ha sottolineato più volte il ministro dell'Interno, Marco Minniti. Allo stesso tempo una maniera forte e decisa per "combattere l'illegalità". Un canale riguardante soprattutto donne e bambini che fuggono da terribili guerre, da angherie e soprusi, da un quotidiano tutto da dimenticare, alla ricerca di un futuro. Coloro che sono arrivati già in Italia hanno trovato un tetto sicuro e un pasto caldo per iniziare una nuova vita. Al primo arrivo di profughi anche la soddisfazione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, per un'iniziativa "a favore di creature innocenti".

Dai primi mesi del 2017 a oggi, sono state oltre mille le visite nei centri interessati. Più di un migliaio le presone liberate. Potrebbero essere almeno cinquemila i migranti in condizione di fragilità a trovare la via della "libertà" nell'anno in corso.

Politica di sostegno allo sviluppo

"La strategia di contenimento dei flussi non può prescindere da una politica di sostegno allo sviluppo che affronti le cause profonde dei movimenti migratori spontanei". E' ciò che si legge sulle pagine web del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno. Per questo sono stati avviati diciotto progetti in diversi Paesi d'origine dei flussi, dall'Africa verso l'Europa, Sudan, Senegal, Niger, Etiopia e Costa d'Avorio, per promuovere lo sviluppo socioeconomico. Fra gli obiettivi a medio e lungo termine, la creazione di opportunità lavorative per i giovani.