Finalmente la polizia parigina ha chiuso il capitolo dello stupratore seriale che da vent’anni agiva nel nord della Francia. L’arresto è stato compiuto a fine febbraio ma solo giorni dopo il criminale ha confessato e il test del DNA ha confermato le sue parole; più di quaranta vittime vanta il curriculum del criminale tra il 1996 e il 2018 tutte nei dintorni di Maubeuge, vicino al suo luogo di residenza. Durante la confessione è trapelato anche la sua “tecnica” metodica e precisa, che gli ha permesso di sfuggire alle autorità per più di vent’anni: alla mattina presto, arrivando alle spalle della vittima con guanti e volto mascherato.
Il criminale medio
Sono proprio questi dettagli che fanno paura: come può un pazzo criminale essere così paziente e preciso, colpisce senza lasciare traccia e poi rimane nell’ombra per mesi prima di colpire di nuovo? Nell’immaginario collettivo i cattivi sono reietti sociali, persone povere e pericolose, forse drogati o stranieri, in ogni caso vengono immaginati come tanto minacciosi quanto instabili, il la cui carriera criminale inizia e finisce in poche settimane. Nelle nostre fantasie, ma non è sempre così. A volte il peggiore dei criminali è una persona comune, normale con un lavoro onesto e magari anche una famiglia e molti amici, a volte i criminali sono persone normali la cui psiche deviata un giorno prende il sopravvento.
Il criminale seriale
La psicologia ha una branca dedicata, nota come criminologia forense, il cui scopo è studiare i processi mentali delle persone deviate pericolose anche al fine di fornire alla polizia un approccio migliore per scovarle questi criminali. In criminologia esiste un termine specifico per parlare di questi soggetti, si tratta di criminali seriali, o serial killer.
La prima sostanziale differenza con un criminale normale è il movente: le dimensioni del furto e del sentimento sono inesistenti nel seriale, egli non commette un crimine per rubare qualcosa o per vendicarsi (per fare un confronto questi sono i due crimini di maggioranza nel mondo).
Il serial killer agisce per diletto, per soddisfare una pulsione deviata come il gusto per l’omicidio o per lo stupro.
La pulsione deviante nasce da una mancata rielaborazione di un evento traumatico del passato, un episodio che sconvolge la persona al punto tale da generare apatia come meccanismo di difesa. I sentimenti infatti possono essere talmente duri da cambiare la percezione del mondo. L’apatia è la mancanza di sentimenti, incluso il senso civile e il senso di colpa senza i quali mancano i freni inibitori per resistere agli impulsi seriali, e così nasce un mostro.