Qualche giorno fa, in un centro d’accoglienza per migranti, è scoppiata una lite tra alcuni ospiti di colore, lite che poi è degenerata in una rissa fino a raggiungere le coltellate ai danni di Richard Amissah, giovane 19enne del Ghana. La scena si è svolta a Villacidro (Sardegna) verso le 22 del 9 febbraio, all’interno del centro per migranti “Le Sorgenti”. Dalle prime ricostruzioni, l’omicidio non sembrerebbe premeditato, ma la discussione è degenerata e l’assassino ha usato un coltello da cucina per compiere il delitto: un’arma di fortuna e un movente decisamente assurdo per togliere la vita ad un’altra persona.
Sembrerebbe che l’omicida (di età poco più grande della vittima) non portasse con sé il coltello, tuttavia nell’impeto di violenza non ha esitato a prenderlo ed usarlo più volte contro il torace e l’addome della vittima.
Violenza gratuita
Un eccesso di volenza da parte del giovane immigrato, una situazione che ha portato una semplice discussione fino alla cronaca nera; è partito tutto così in effetti, da un diverbio tra i due giovani africani, diverbio che è diventato discussione, poi rissa e poi delitto. Un’evoluzione veloce che nel giro di venti minuti ha innescato qualcosa nella mente del criminale, una furia così aggressiva da togliere la vita la giovane che aveva di fronte, senza esitazione.
Ci sorge spontaneo dunque approfondire la questione per capire cosa potrebbe essere successo nella mente del killer, per compiere con leggerezza un crimine così efferato.
La chimica della violenza
La psicologia trova molti punti in comune con la neurologia, disciplina di stampo medico che si dedica allo studio del cervello, e solo dalla collaborazione delle due materie sarà possibile tentar di capire cos’ha potuto innescare il delitto. Nel nostro cervello agiscono diversi neurotrasmettitori, ognuno dedicato a una diversa attivazione fisica ed emotiva: quello relativo all’agitazione e allo stress si chiama noradrenalina, o anche norepinefrina. Essa viene rilasciata in situazioni di pericolo o più generalmente di agitazione, ed agisce sulle porzioni di cervello relative al controllo dell’attenzione e delle reazioni; così facendo il neurotrasmettitore mette la persona nella situazione di “attacco o fuga” per far fronte alla condizione stressante, aumentando il tono muscolare e il battito cardiaco.
Ne consegue che lo stato di coscienza viene alterato in pochi secondi passando dalla tranquillità all’agitazione aggressiva; una situazione simile a quando i cani ringhiano o i gatti drizzano il pelo in vista di un pericolo. In uno stato del genere è possibile perdere il controllo in preda all’aggressività e dire qualcosa di cui potremmo pentirci. Uccidere una persona però non può in nessun modo trovare un attenuante nella norepinefrina: una persona normale non ne produrrà mai abbastanza da essere indotta ad uccidere.