La Corte interamericana dei diritti umani ha condannato il Brasile per aver violato il diritto degli indigeni Xukuru alla proprietà collettiva e alla garanzia di tutela giudiziaria, ha detto il tribunale. Secondo la Corte, che ha sede a San José, Costa Rica, il Brasile non ha agito in un "periodo ragionevole" per delimitare il territorio di Xukuru, nel Pernambuco, allontanando le 2.300 famiglie che formano il gruppo etnico, distribuite in 24 comunità.
Inoltre, lo Stato impiegò 16 anni tra il 1989 e il 2005 per riconoscere, possedere e delimitare le sue terre secolari, il che costituisce una violazione del diritto degli indigeni alla proprietà collettiva del loro territorio.
Il Brasile ha anche ritardato la rimozione degli abitanti non indigeni dalle terre, che "hanno pregiudicato la sicurezza legale dei diritti di proprietà del popolo Xucuru".
La Corte ha ordinato allo Stato brasiliano di garantire "immediatamente ed efficacemente" il diritto alla proprietà comunale del popolo Xukuru, di completare la rimozione dei non-nativi dalle terre prima del pagamento dei danni arretrati e di pagare i danni per il ritardo nella demarcazione del terre. La Commissione interamericana per i diritti umani, che funge da Procuratore della Corte, ha ritenuto che questo caso consenta alla corte di approfondire la sua giurisprudenza sulla proprietà collettiva delle popolazioni indigene sulle loro terre ancestrali.
La popolazione Xukuru vede le loro terre, spesso confiscate e vendute ai privati da parte dei vari governi che si sono succeduti, restituite dopo decenni di soprusi. Oltre alla certezza del rientro nelle loro terre e l’allontanamento degli “abusivi” non-nativi instauratisi con la forza, gli Xukuru avranno anche un risarcimento di 1 milione di dollari per le 7.700 persone che vivono in un territorio di circa 28 mila ettari.
Questa nuova sentenza, inappellabile, segue il filo di un’altra sentenza storica: era il 1992 quando la popolazione Yanomani vide demarcati i confini del parco omonimo, sino ad allora invaso da migliaia di tagliatori d’alberi e garimpeiros (minatori) illegali, arrivati lì per la costruzione di infrastrutture.
Questa potrebbe essere una sentenza fondamentale per la rinascita e la resistenza delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, sino ad oggi depredate e mortificate dall’avvento di centinaia di multinazionali senza scrupoli che, nel corso dei decenni hanno visto il “polmone verde” della Terra divenire sempre meno verde e le genti che per millenni hanno abitato, in armonia e rigoroso rispetto di ciò che gli ha offerto la natura, allontanate con la forza e con stermini di massa.
La rinascita dell’Amazzonia e di tutto ciò che da essa deriva, da oggi ha un alleato in più sul quale poter contare.