L'annuncio della CNN è drammatico: "US and Allies strike Syria"- USA e Alleati attaccano la Siria. Ad una settimana esatta dal bombardamento sulla città siriana di Duma con finora solo sospette armi chimiche, la decisione è presa: i tweet di Trump si sono rivelati ben più di tweet e alle minacce, nel giro di 7 giorni si è passati all'attacco diretto.

La Nato è ancora in organizzazione e in fase di accertamento delle posizioni dei vari Stari membri (tra cui l'Italia): mentre la Germania per esempio si è subito dichiarata contro l'intervento nelle parole di Angela Merkel, Macron si è detto pronto e così Theresa May che evidentemente nel giro di poche ore è riuscita ad ottenere l'appoggio del Governo Inglese.

Mentre si sprecavano ovunque i dibattiti sulla realtà o meno delle armi chimiche usate in Siria, mentre molti parlavano di fake news al solo scopo di farne un casus belli, Trump sembra fosse già in possesso di prove certe, al di là di video e foto: campioni si sangue ed urine raccolti in loco dimostrerebbero l'uso di cloro e gas nervino.

I segni erano comunque abbastanza inequivocabili: nell'attacco di sabato scorso, la popolazione di Duma si era rifugiata negli scantinati e quando qualcuno aveva visto scendere dagli aerei non bombe classiche, ma strani barili che si erano aperti disperdendo qualcosa, avevano cominciato a tossire, a sentire bruciare occhi, bocca e naso e a sanguinare. I 500 e più ricoverati negli ospedali avevano i sintomi inequivocabili di uso di armi chimiche: lesioni alle vie respiratorie anche più profonde, crisi respiratorie più o meno gravi e anche danni al sistema nervoso centrale.

Trump ha, come capo di una Repubblica Presidenziale, nelle sue mani il potere esecutivo, ne è conscio e lo esercita sia nelle parole (con dichiarazioni che Gentiloni per esempio non potrebbe legalmente fare) sia nei fatti: ha meditato e parlato per una settimana e nella notte tra il 13 e il 14, ha sciolto le riserve e come capo militare, ha dichiarato l'attacco, il tutto in stretta collaborazione con Francia e Gb, gli amici di sempre, gli Alleati fedeli e incrollabili.

In diretta tv al popolo americano ha annunciato quanto fosse necessario, indispensabile, un atto umanamente dovuto intervenire contro il regime "mostro" di Assad.

Gli obiettivi

Gli obiettivi scelti non sono certo le città o i villaggi, ma i punti che tramite le attività di spionaggio e di sorveglianza satellitare sono stati individuati come base per i magazzini dell'arsenale chimico di Assad, quello che egli ha sempre negato e nega ancora di avere, preferendo parlare di complotto di Israele e delle potenze occidentali contro di lui, completamente innocente.

Se i primi attacchi missilistici e aerei sono stati condotti dalle forze statunitensi, Theresa May ha annunciato di aver già autorizzato, a nome del Governo, le forze britanniche ad attacchi coordinati in loco. D'altra parte nei giorni scorsi, diverse forze navali si erano già avvicinate alle coste siriane partendo dalle basi inglesi della molto vicina Cipro.

Come Trump, anche la May ha fatto riferimento ai numerosi attacchi avvenuti in passato con armi chimiche ad opera delle forze siriane e alle prove che sembrano ormai certe di quanto successo a Douma, dove erano stanziati gruppi ribelli anti-Assad. La May parla del fallimento di ogni via diplomatica e del veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu di una commissione ad hoc, cosa che all'inizio sembrava fosse stata auspicata dallo stesso ambasciatore russo.

Asserisce quindi che non esiste alcuna "via alternativa" all'uso della forza per convincere il regime di Assad a mutare comportamento.

I primi missili

Mentre avvenivano queste dichiarazioni pubbliche, in particolare proprio mentre Trump stava ancora andando in onda nel "Messaggio alla Nazione", partivano i primi missili Tomahawk e cadevano sui target stabiliti, cioè gli arsenali chimici stanziati intorno alla capitale siriana: erano le 22 a Washington, le 3 del mattino a Roma. Per ora i missili sono stati lanciati in un attacco coordinato via mare e via aria, cioè dalle navi stanziate nel Mediterraneo Orientale (a fronteggiare la flotta russa), e con gli aerei partiti per ora dalle stesse navi, in attesa di chiarire quali stati potranno e vorranno fornire supporto logistico alla Nato.

I target sono stati scelti con accuratezza e l'attacco è detto -assolutamente circoscritto- , chirurgico, ai depositi incriminati, salvo naturalmente eventuali "vittime e danni collaterali". I portavoce militari di Washington comunque affermano che non si è trattato di un attacco isolato, per cui la tensione continua a crescere in attesa di altre mosse, ma soprattutto dell'eventuale risposta russa.

Le reazioni

L'attacco così improvviso vede per ora poche reazioni, comunque il presidente dell'Onu chiaramente non può che invitare a sospendere ogni ulteriore attacco, prima che i risentimenti di una parte e dell'altra e le tensioni preesistenti come quella tra GB e Russia in seguito all'attacco con gas nervino di Salisbury, possano creare un'escalation incontrollabile.

L'Italia di fronte ad un fatto di tale gravità reagisce sempre con la pesantezza di un rinoceronte: non si ha ancora un governo né idee chiare per formarlo nonostante le sollecitazioni provenienti proprio dal solitamente imperturbabile Mattarella che, forse, non avrebbe dovuto aspettare un mese ad avviare le consultazioni.

Le cose quindi sono per ora in mano al presidente uscente Gentiloni che comunque rimane il capo del Governo in carica e che si trova tra le mani una vera patata bollente: forse non ci ricordiamo più che il nostro ministro degli Esteri, quello attualmente in carica e che qui dovrebbe avere una posizione di primo piano, è ancora Alfano. E nello stesso modo non ci ricordiamo che il ministro della Difesa è la Pinotti.

Non li ha più né visti né sentiti parlare nessuno: si spera comunque che prevalga il buon senso e che il valzer incosciente dei nostri politici finisca, assumendo una posizione chiara di accordo in nome di un Paese che, al di là della contingente situazione internazionale, ne ha bisogno, e come.