"I medici possono sbagliare, ma qui c'è stata una grossa superficialità da parte di chi mi aveva in cura": chi parla è Paola Moise una donna di 46 anni di Rivalta di Torino che ha rischiato di morire e ha perso un braccio in un caso di sospetta malasanità. L'anno scorso è stata operata nel reparto di ortopedia dell'ospedale di Rivoli per sindrome del tunnel carpale, un intervento considerato dagli specialisti di routine. Per le complicazioni dovute a un'infezione contratta in ospedale, ha dovuto subire l'amputazione del braccio. L'inchiesta giudiziaria in corso che vede indagato un medico per lesioni colpose gravissime volge quasi al termine.
La notizia di questo caso arriva all'indomani di altri due tragiche vicende accadute in due ospedali capitolini. Due pazienti sono morti: avevano entrambi un aneurisma all'aorta addominale scambiata in ambo i casi per mal di schiena.
Cosa è accaduto a Paola
Il 17 maggio del 2017, Paola Moise ha subito un'operazione chirurgica per una sindrome da tunnel carpale, diffusa neuropatia dovuta alla compressione del nervo mediano a livello del polso. Un intervento in anestesia locale della durata di un paio di ore al termine del quale è stata dimessa. Tornata a casa, però aveva dolori lancinanti e febbre. A distanza di una settimana, aveva tutte le dita della mano gonfie: le sono stati prescritti antidolorifici e non antibiotici.
Il medico che l'aveva operata, quando al controllo le ha tolto le bende ha trovato un coagulo di sangue. Ma l'ha rassicurata dicendo di non preoccuparsi: vantava un'esperienza quarantennale e Paola si è fidata. Ma in preda ad atroci sofferenze è tornata due volte in ospedale, il 26 e il 29 maggio. E' stata visitata da un altro ortopedico che capendo la gravità della situazione l'ha inviata subito al Cto dove i medici l'hanno operata d'urgenza salvandole la vita, ma hanno dovuto amputare il braccio.
La perizia di parte che è stata fatta a distanza di mesi, ha evidenziato che il braccio non era stato colpito da una banale infezione ma da una fascite necrotrizzante, patologia pericolosissima che può essere letale se non si intervenga subito tempestivamente. Paola avrebbe dovuto essere operata subito per eliminare la parte in necrosi.
Ma così non è stato.
La rabbia
E' trascorso quasi un anno, ma Paola che ha due figlie di 12 e 15 anni, di cui una disabile, costretta su una sedia a rotelle a causa di una malattia genetica per cui aveva già dovuto lasciare il lavoro, rivive ogni giorno oltre al trauma per ciò che le accaduto, anche l'immutato rammarico per la superficialità che si è avuta verso di lei. "Non è stato fatto nulla, non sono stata considerata", denuncia. La sua rabbia anziché stemperarsi, cresce ogni giorno di più perché un semplice intervento si è tramutato in un dramma irreversibile che ha sconvolto la vita sua e della famiglia. Non smette di ripeterlo e di amareggiarsi: se l'intervento per bloccare l'infezione fosse stato immediato, non si troverebbe senza un braccio.
L'inchiesta
A luglio, quando era ancora in ospedale, Paola ha presentato un esposto in procura tramite il suo legale, Arianna Corcelli. Le cartelle cliniche sono state sequestrate. Il pm di Torino Ciro Santoriello sta conducendo un'inchiesta, mentre il gip Rosanna La Rosa ha disposto una perizia su quanto è accaduto affidata a due specialisti per accertare l'operato del medico iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di gravissime lesioni colpose. Si attende con trepidazione l'esito dell'inchiesta. Giovedì c'è stato l'incidente probatorio. Poi seguirà anche una causa civile con cui Paola intende ottenere dall'ospedale un risarcimento civile per il gravissimo danno subito.