Il professor Massimo Di Giannantonio, docente di psichiatria presso l'Università di Chieti, è il mediatore che - per sette ore - ha cercato di convincere Fausto Filippone, aggrappato alla recinzione di un cavalcavia dell'autostrada A14, a desistere dal suicidio. Lo stesso uomo che davanti ai suoi occhi ha gettato la figlia di dieci anni da un'altezza di 40 metri ed è fortemente indiziato anche dell'omicidio della moglie Marina Angrilli.
Intervistato da Antonio Iovine di Radio Capital, lo psichiatra ha raccontato cosa si sono detti in quei momenti drammatici con Fausto Filippone.
“Ci siamo trovati davanti ad un muro insormontabile ed invalicabile". Secondo il professor Di Giannantonio, quell'uomo ha sempre cercato il coraggio dentro di sé per gettarsi nel vuoto; non lo ha mai fatto per uscire da quel cavalcavia, perché tutto era definitivamente finito e non vi erano possibilità di andare avanti. "La sua vita era irreversibilmente cambiata - continua Di Giannantonio - in termini inaccettabili e intollerabili, 15 mesi prima". Uno degli episodi che ha contribuito a costruire questa insostenibilità della sua esistenza è stata anche la perdita della madre, ha spiegato lo psichiatra.
Cosa non si perdonava Filippone?
Sono “pezzi” di informazioni raccolte e messe insieme, poiché Filippone era indisponibile ad ogni tipo di interazione.
"Non aveva nessuna empatia con gli interlocutori - ha continuato Di Giannantonio - ed era sempre molto autocritico con se stesso, soprattutto moralmente: determinato a porre fine alla sua esistenza, perché non c'era per lui possibilità di essere perdonato, né di comprendere le ragioni profonde di ciò che aveva fatto".
La bimba si rendeva conto del dramma
Il professor Di Giannantonio parla anche di Ludovica, la figlia scaraventata giù da quel cavalcavia, evidentemente in una situazione emotiva scioccante. Purtroppo "si rendeva conto della tragica drammaticità di quel momento”, ma era fragile, senza difesa psicologica dinanzi ad una figura di riferimento, come quella paterna.
Lo psichiatra: non ho nulla da rimproverarmi
Il giornalista di Radio Capital, domanda allo psichiatra se, con il senno di poi, avrebbe detto qualcosa di diverso o avrebbe agito in altro modo. "In psichiatria - risponde Di Giannantonio - ci troviamo di fronte a casi dove la gravità, la imprevedibilità e la impossibilità di intervenire, diventano la cifra della profondità della sofferenza, come nel caso del povero Filippone. Non mi sento di dovermi rimproverare nulla".