Nuovo colpo di scena al tribunale di Forlì durante il processo di secondo grado per il cosiddetto “caso Narducci”, dove tre poliziotti sono imputati per i reati di falso in atto pubblico, calunnia, falsa testimonianza e sequestro di persona: è infatti emerso che era lo stesso Narducci, oggi parte civile nel processo in corso e che chiede un risarcimento economico per danni da “eccessiva esposizione mediatica”, a sollecitare tramite il suo avvocato la pubblicazione di articoli su di lui e sul caso che lo coinvolgeva. Narducci si sarebbe anche recato nella redazione del quotidiano per scattare alcune fotografie e rilasciare un’intervista.

Caso Narducci: le origini della vicenda

Tutto ha inizio il 9 aprile 2010 nel Bar Notturno di via Zuccherificio a Forlì, quando gli agenti Marco Pieri, Giancarlo Tizi e Christian Foschi (oggi imputati) intervengono e fermano Filippo Narducci: durante l’arresto avviene un diverbio, Narducci viene steso a terra, ammanettato, portato in commissariato e trattenuto per tre ore, sempre con le manette ai polsi. Una volta rilasciato, Narducci venne medicato in ospedale per lesioni a un labbro: il processo a suo carico terminò con l’assoluzione definitiva, mentre i tre agenti sono stati condannati in primo grado a quattro mesi di reclusione ciascuno per lesioni. Ora è in corso il procedimento di secondo grado contro i poliziotti.

'Colpo di scena' in aula e udienza sospesa

L’udienza del 5 luglio scorso è stata particolarmente calda e movimentata. Uno dei tre avvocati difensori degli, Eugenio Pini, ha notato tra il pubblico il giornalista del Resto del Carlino Paolo Morelli, autore di numerosi articoli sulla vicenda, e ha chiesto al presidente del tribunale di poter interrogare il cronista.

Questo perché Narducci e la sua famiglia chiedono, tra l’altro, un risarcimento economico per danni derivanti da “eccessiva esposizione mediatica”. Tra la sorpresa generale, poiché la testimonianza non era prevista, il presidente ha chiesto a Morelli di spostarsi al banco dei testimoni per rispondere alle domande.

Quanto è emerso è risultato abbastanza sorprendente, perché Morelli ha dichiarato di aver seguito la vicenda perché contattato esplicitamente dall’avvocato Calzolari, uno dei due difensori di Filippo Narducci, che gli ha esposto il caso chiedendogli se era disposto a scrivere articoli in merito.

Inoltre, Morelli avrebbe ricevuto in redazione lo stesso Narducci, consenziente sia nel farsi scattare alcune fotografie sia nel rilasciare un’intervista esclusiva al quotidiano. Sembra quindi emergere che la presunta “esposizione mediatica” sia stata in realtà cercata in prima persona da Narducci che, presente in aula, a un certo punto ha iniziato a vociferare pesantemente tanto da rendere difficoltoso persino il lavoro dei suoi difensori e a costringere il presidente del tribunale a sospendere la seduta.

Alla ripresa dell’udienza, sono stati ascoltati altri testimoni tra i quali l’allora capo e vice capo del commissariato di polizia, Procopio e Gentilini: il primo ha confermato che nel 2010 l’avvocato Calzolari aveva intavolato una sorta di trattativa per evitare esposti e costituzione di parte civile, mentre la seconda ha parlato di tecniche di ammanettamento della polizia.

Processo Narducci, udienza precedente: un'altra testimonianza in favore dei poliziotti

Un altro colpo alle posizioni della parte civile era arrivato in occasione di una precedente udienza svoltasi il 7 marzo scorso: la barista Elia Caselli, che era presente nel locale la sera dell’arresto, ha infatti riferito che al momento dell’arresto Narducci non ha ricevuto alcun colpo e che, a suo giudizio, si è buttato a terra da solo.

La prossima udienza è prevista per il 27 settembre 2018.