Vittima e carnefice, entrambi adolescenti, erano ex compagni di classe ed avevano esistenze parallele: adolescenti difficili, erano finiti in un giro di spaccio di droghe leggere. Presi dalla fretta di fare gli adulti ma stando dalla parte sbagliata, hanno bruciato la gioventù e le loro vite.

Un piccolo debito per la droga sarebbe il movente che ha trasformato un 16enne in un glaciale killer. Ha ucciso un suo coetaneo, Giuseppe Balboni, sparandogli da una distanza ravvicinata, due colpi di pistola al volto con l'arma che aveva sottratto a suo padre.

Lo ha accertato l'autopsia. Poi l'ha gettato in un pozzo a Tiola di Castello di Serravalle nel bolognese. Il pozzo è posto nel cortile della villetta a due piani in cui abita l'omicida: profondo circa tre metri, ha un'apertura molto piccola che ha reso difficile il recupero del corpo martedì mattina.

Gli inquirenti non hanno dovuto neanche pressare troppo il minore, fermato martedì, per fargli confessare il crimine, contestandogli poi le aggravanti dei futili motivi, della premeditazione e dell'occultamento di cadavere.

Vittima e carnefice, adolescenti difficili

Sarebbe dovuto essere l'anno del riscatto e di un nuovo inizio per Giuseppe Balboni, adottato in Ungheria che era molto piccolo con il fratellino dai genitori italiani.

Dopo tante disavventure scolastiche ed esistenziali, incoraggiato dalla famiglia, avrebbe dovuto iniziare a frequentare il primo anno di un istituto tecnico di Bologna. Chi lo ha ucciso era un suo ex compagno delle medie e come lui aveva trascorsi scolastici stentati.

Giuseppe Balboni è stato ammazzato il giorno stesso in cui è scomparso da casa, lo scorso 17 settembre.

Era uscito prestissimo, alle sette di mattina: ai genitori aveva detto di avere un appuntamento con un amico a Tiola, dove poi è stato ritrovato morto, per fare colazione prima di andare a scuola. Lui e l'amico che l'ha ucciso avevano un forte interesse in comune: le droghe leggere. Oltre a fumarle, le vendevano ad amici e conoscenti.

Un piccolo giro di spaccio che però dava guadagno. Oltre a ciò, andavano in piscina insieme, frequentavano stessi luoghi e compagnie. L'unica differenza tra loro, era che l'omicida aveva abbandonato definitivamente la scuola per lavorare.

Giuseppe Balboni, l'incontro mortale

All'appuntamento in cui forse dovevano regolare i conti su episodi di spaccio o di scambio di droghe leggere, l'amico di Giuseppe si è presentato con una pistola calibro 38: l'aveva sottratta a suo padre che la deteneva regolarmente. Ma perché mai andare a un incontro con un giovanissimo coetaneo armato di pistola?

Al procuratore per i minorenni Silvia Marzocchi e alla pm Alessandra Serra, il reo confesso finora non ha saputo o voluto spiegare granché.

Eccetto accennare a un timore nei confronti dell'amico, possente di mole e di modi, e ad una eventuale difesa. Ha riferito che Balboni, giunto sotto casa sua, avrebbe impugnato un coltello, che però finora non è stato trovato, gli avrebbe detto 'non mi fai paura' e solo a quel punto l'omicida avrebbe preso la pistola del padre e sparato, per poi occultare il corpo nel pozzetto, rimettere a posto l'arma, reinserire i bossoli mancanti e recarsi a lavoro.

Tra i due c'erano già stati attriti. Tutti tra gli amici lo sapevano, tant'è che agli inquirenti avevano fatto il nome del fermato. Ora dovrà esserci la convalida del fermo. Il padre del minore sarà denunciato per omessa custodia dell'arma.

In un post un sinistro presagio

"Se mi volete morto la fila è lunga": in un post sulla sua pagina Instagram che ora suona sinistro e profetico, la vittima aveva scritto questo avvertimento. Forse era un messaggio allusivo alle cattive frequentazioni e al coinvolgimento in giri strani di cui tutti sapevano in paese. Ma alle pose da duro, sul social si alternano immagini più dolci di un adolescente innamorato e sentimentale che ora gli amici, suoi e del baby killer, piangono.