Il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, è indagato per finanziamento illecito a causa di una forte somma di denaro ricevuta da una fondazione legata al partito, da lui presieduta, da parte del costruttore romano Luca Parnasi, arrestato per le presunte tangenti versate per favorire l’appalto sul nuovo stadio della AS Roma. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Bonifazi l’ha data questa mattina, 21 settembre, Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. Parnasi avrebbe versato nelle casse della Fondazione Eyu, legata a doppio filo al Partito Democratico, circa 150mila euro.
Un normale e legale finanziamento ad una forza politica, se non fosse che l’amico di Maria Elena Boschi, secondo i magistrati romani, avrebbe fatto male i conti non iscrivendo correttamente quei denari a bilancio.
Svolta nelle indagini
Dunque, secondo quanto scrive la Sarzanini, si sarebbe verificata una “nuova svolta” nell’inchiesta della procura di Roma sui rapporti illeciti stretti dal costruttore capitolino Luca Parnasi per costruire agevolmente lo stadio della Roma in zona Tor di Valle. Parnasi, attualmente agli arresti domiciliari, ha ammesso già da alcuni mesi di aver versato tangenti a politici nazionali e a faccendieri di ogni tipo. Non solo alla fondazione Eyu del Pd, quindi, ma anche, secondo la sua versione, alla Più Voci, fondazione vicina alla Lega attraverso il tesoriere Giulio Centemero.
Le intercettazioni dei colloqui tra Parnasi e Bonifazi
Nell’ambito dell’inchiesta romana, i carabinieri del Nucleo investigativo della Capitale hanno compiuto numerose intercettazioni ambientali e telefoniche nei confronti dei due protagonisti della vicenda: Luca Parnasi e Francesco Bonifazi. Proprio Parnasi ieri mattina è stato convocato in procura dal procuratore aggiunto Paolo Ielo che, insieme agli altri magistrati da lui coordinati, gli ha domandato lumi circa un colloquio intercettato da un virus informatico, noto come ‘Trojan’, ‘inoculato’ nel suo telefono cellulare.
L’amico della Boschi incastrato dalle intercettazioni del suo collaboratore Petrolo
Chi erano i suoi interlocutori? Gli hanno domandato i pm alla presenza dei suoi avvocati Giorgio Tamburrini ed Emilio Ricci. Parnasi ha quindi affermato che, oltre a Bonifazi, a quell’incontro aveva partecipato anche Domenico Petrolo, descritto come “responsabile del fundraising” della fondazione Eyu.
Un incontro, come confermato dallo stesso costruttore, che si tenne negli uffici privati del tesoriere del Pd, in via di Sant’Andrea delle Fratte. Palazzo coperto dall’immunità parlamentare, in quanto sede distaccata di Montecitorio (Bonifazi ricopre anche la carica di deputato), e dunque considerato un ‘posto sicuro’ dagli intercettati, visto che potrebbe non essere concessa l’autorizzazione ad utilizzare quelle intercettazioni nel processo. Ad inguaiare Bonifazi, però, sarebbe proprio il suo collaboratore Petrolo, anche se in maniera involontaria. Il responsabile della raccolta fondi di Eyu, infatti, è stato beccato più volte a parlare con Parnasi e con il suo commercialista. Con quest’ultimo, Petrolo avrebbe contrattato le modalità e la causale del versamento di 150mila euro, considerate fittizie dagli inquirenti.