Proseguono senza sosta ed anzi si intensificano gli scontri a Tripoli, in libia, con la Settima Brigata (una milizia un tempo fedele all'ex leader libico Gheddafi e oggi vicina al generale Haftar, che controlla la Cirenaica e vorrebbe estendere la propria autorità anche su Tripoli) che avanza verso il centro della capitale, mentre le milizie locali, sempre più deboli e divise in fazioni, sembrano incapaci di frenarla. Il primo ministro del governo di unità nazionale, Sarraj, appoggiato dall'Onu e riconosciuto come interlocutore dall'Italia, è stato costretto a dichiarare a Tripoli lo stato d'emergenza.

A nulla sono valsi neppure gli appelli dei consigli municipali degli anziani, che hanno più volte cercato di mediare fra le parti, ottenendo solo fragili tregue che puntualmente si sono rotte con l'accendersi di nuovi scontri.

L'ambasciata italiana resta aperta, evacuati alcuni diplomatici e tecnici del nostro Paese

Anche se ufficialmente l'ambasciata italiana a Tripoli (sfiorata all'alba di sabato da un missile Grad) resta aperta, a causa del deterioramento della situazione nella capitale libica si è deciso di rimpatriare una parte del personale, insieme ad alcuni tecnici italiani dipendenti del complesso petrolifero di Mellitah. Sia il personale diplomatico che i tecnici hanno lasciato Tripoli a bordo di una nave dell'Eni, dato che l'aeroporto internazionale è chiuso per motivi di sicurezza ed anche il percorso di 200 chilometri di strada litoranea, che conduce allo scalo di Misurata, non è considerato sicuro.

Secondo fonti diplomatiche, l'evacuazione di parte del personale diplomatico sarebbe una "misura puramente precauzionale". Presso la sede dell'ambasciata, protetti da carabinieri e personale dei servizi di sicurezza, rimangono sei diplomatici, tra i quali il numero due della missione Nicola Orlando.

Totale incertezza sul futuro

Risulta invece ancora 'in vacanza' fuori dalla Libia l'ambasciatore italiano Giuseppe Perrone che, pur non avendo lasciato l'incarico, continua a mantenere un profilo molto basso dopo che agli inizi di agosto il generale Haftar, nemico giurato del governo di unità nazionale di Tripoli, ne aveva chiesto pubblicamente l'espulsione dal Paese.

A questo punto, nulla sembra più certo, nemmeno la possibilità di tenere a Roma la conferenza di pace prevista entro la fine di settembre, dato che l'interlocutore su cui l'Italia puntava tutto, Sarraj, è in fortissima difficoltà. Fino a questo momento, anche il nuovo governo italiano si era relazionato soltanto con gli uomini di Sarraj, ma forse qualche novità potrebbe venire dall'incontro, previsto ma ancora non fissato in una data precisa, tra il ministro degli Esteri Moavero e il generale Haftar. Nel frattempo, Tripoli resta nel caos, con le vittime degli scontri che salgono ad oltre 200 e la fuga di 400 persone dal carcere cittadino.