La sua famiglia ancora attende di sapere la verità. Ieri, dopo un calvario di due anni, si è spenta nella sua casa di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, Maria Teresa Trovato Mazza, 'Sissy' per gli amici, l'agente di polizia penitenziaria la cui storia ha commosso l'Italia. Aveva 28 anni. Nel 2016, era stata trovata in fin di vita nel vano di un ascensore dell'ospedale civile di Venezia dove si trovava per lavoro, dopo essere stata raggiunta alla testa da un colpo di pistola sparato da mano ignota. Un mistero di cui non si è ancora venuti a capo.

Sissy Trovato Mazza, morta dopo due anni in coma

Mamma Caterina, papà Salvatore, e i fratelli di Sissy non hanno mai creduto al suicidio e hanno lottato per far riaprire le indagini con un'accusa contro ignoti, finora rimasta tale, per tentato omicidio che ora diventa omicidio. Il 1 novembre 2016, mentre in qualità di guardia penitenziaria nel carcere femminile della Giudecca si trovava all'ospedale civile di Venezia, Sissy Trovato Mazza era stata raggiunta da un colpo di pistola alla testa in un ascensore del padiglione Jona. Era in servizio per sorvegliare la visita di una detenuta che aveva partorito da poco.

Da quel momento, Sissy è entrata in coma e per due anni ha lottato tra la vita e la morte, ma senza mai risvegliarsi.

Era stata sottoposta a delicati interventi, le sue condizioni erano gravi ma stabili. Poi tutto è precipitato nel corso delle ultime 48 ore a seguito di una grave infezione. Sissy è stata ricoverata in rianimazione al vicino ospedale di Polistena, ma i medici, sapendo che non c'era più niente da fare, l'hanno fatta tornare a casa a Taurianova perché potesse morire circondata dall'affetto dei suoi cari.

Il decesso è avvenuto alle 21 e 10 di ieri. A darne notizia alla testata Fanpage è stata la sorella Patrizia con Jo Pinto, presidente del comitato civico 'Sissy la Calabria è con te'.

Sissy, comunità a lutto piange la 'guerriera'

Tanta gente in queste ore si è stretta attorno alla famiglia di Sissy. A piangerla, gli amici, i colleghi e le colleghe, oltre ai rappresentanti sindacali del coordinamento donne Ugl polizia penitenziaria, la redazione del programma Chi l'ha visto?

che da subito ha seguito il suo caso. Poi, rappresentanti del calcio a 5 italiano femminile, in particolare la Pro Reggina in cui giocava, centinaia di persone che, pur non avendola mai conosciuta, hanno sinceramente partecipato alla vicenda, al dolore della famiglia, e hanno sperato durante questi due anni che il miracolo potesse accadere. In tanti la salutano sui social chiamandola 'guerriera': di Sissy tutti conoscevano la gioia di vivere e la forza d'animo con cui ha combattuto fino all'ultimo.

Un mistero ancora tutto da risolvere

Sono trascorsi due anni da quando un colpo di pistola le ha trapassato la parete cranica. Due anni di agonia per lei e i suoi familiari, fino alla morte ieri. In questo lunghissimo periodo, grazie all'impegno dei genitori, le indagini sono state riaperte scartando l'ipotesi iniziale di suicidio.

Ma, ad oggi, l'attività investigativa non ha individuato chi le abbia sparato, né è stata fatta luce sul movente. Sulle mani e sul corpo dell'agente sono stati trovati lividi e graffi che farebbero pensare a una colluttazione con l'assassino nel tentativo di difendersi. Sissy aveva intrapreso una lotta nell'istituto di pena femminile della Giudecca, dove lavorava da cinque anni: aveva tentato di contrastare abusi, denunciato spaccio di droga e relazioni illecite.

Proprio lo scorso 6 novembre, il papà di Sissy aveva avuto un colloquio privato con il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, alla presenza del capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, per sollecitare le indagini prorogate di sei mesi. Basentini auspica ora che con la stessa determinazione con la quale Sissy ha lottato per rimanere in vita vengano portate avanti per scoprire la verità.