"E' stata tutta colpa mia, non dovevo portarla lì". Non si dà pace Francesco Compagnucci, padre di Camilla, la bambina romana di nove anni morta mercoledì pomeriggio all'ospedale di Torino dopo essersi schiantata contro una barriera frangivento ai bordi della pista 'Imbuto' a Sauze D'Oulx, in Alta Val di Susa, mentre sciava con il padre.
Quel padre straziato, si addossa ogni colpa. Ma, mentre la procura di Torino ha iscritto sul registro degli indagati i dirigenti della società che gestisce gli impianti, emergono fatti sconcertanti. L'anno scorso su quella stessa discesa e con una medesima dinamica, era morto un altro sciatore.
I comuni del comprensorio avevano ordinato di rimuovere le transenne in legno, ma nulla era stato fatto.
Camilla Compagnucci, la disperazione di un padre
Viveva per la figlia e stavano sempre insieme: lo sci era una passione che li univa. Ai carabinieri, papà Francesco ha raccontato come lui stesso abbia cercato inutilmente di soccorrere la figlia: le ha praticato un massaggio cardiaco ascoltando le indicazioni che gli dava via telefono il medico del 118. Ma Camilla non si risvegliava.
Mercoledì, erano arrivati sulla pista alle 13.30 in compagnia anche di un amico, Vittorio De Pedys, e del figlio. Aveva fatto indossare a Camilla il casco, come sempre da quando tre anni fa aveva imparato a sciare, si era posizionato dietro di lei per poter intervenire in caso di pericolo.
E invece, il destino lo ha condannato ad assistere alla caduta della bimba nel punto di maggior pendenza della pista, dopo aver perso il controllo degli sci in curva, per poi finire contro la barriera frangivento.
Quel padre disperato ha ancora in mente il rumore del casco della bambina che sbatte contro la palizzata in legno.
Con l'amico, hanno fatto altri tentativi di rianimarla praticandole la respirazione bocca a bocca, finché sul visino insanguinato è stata poggiata una maschera d'ossigeno all'arrivo dell'elisoccorso. Poi il trasporto all'ospedale Regina Margherita di Torino, la comunicazione del decesso. E proprio nella camera mortuaria dell'ospedale dove si trova Camilla, il papà, ieri non si dava pace.
"Perdonami amore mio, è tutta colpa mia", ripeteva attorniato da amici e familiari che cercavano di consolarlo.
Camilla Compagnucci, l'autopsia
Da Roma era arrivata anche la mamma di Camilla, Arianna Di Napoli, anatomopatologa all'ospedale Sant'Andrea, che non era potuta andare in vacanza con loro perché di turno. La mamma ha chiesto di risparmiare l'autopsia al corpicino della figlia. E invece il magistrato ha disposto l'esame autoptico martedì prossimo per stabilire se la morte di Camilla è stata causata dalla caduta, oppure dall'impatto contro le barriere frangivento.
Ancora non ha indicazioni la parrocchia di Santa Maria Regina Pacis nel quartiere romano di Monteverde Vecchio, dove la piccola a maggio scorso aveva fatto la prima comunione e dove dovrebbero essere celebrati i funerali.
Secondo incidente mortale sugli sci, disposizioni dei sindaci disattese
Che il papà di Camilla non abbia colpa, lo ripete in queste ore anche Luigi, fratello di Giovanni Bonaventura, ingegnere di 31 anni morto il 20 gennaio 2018 sulla stessa pista in un'identica modalità: uno schianto contro una di quelle strutture che servono per evitare che il vento porti via la neve, ma non sono imbottite di gommapiuma come i piloni di seggiovie e skilift.
Dopo questa nuova disgrazia, Luigi dice arrabbiato: "la morte di mio fratello non è servita a nulla". Luigi spera che, almeno ora, i responsabili paghino. Sono indagati per omicidio colposo gli stessi quattro dirigenti della Sestiere spa, la società che gestisce gli impianti del consorzio Via Lattea, già indagati un anno fa dopo la morte dell'ingegnere.
Dopo il primo incidente, la procura di Torino non ritenne necessario rimuovere le barriere a bordo della pista 'Imbuto'. Stavolta il pm le ha subito fatte sequestrare ai carabinieri. Da quella sciagura, i sindaci di Cesana e Sestriere avevano firmato ingiunzioni di demolizioni di quelle barriere.
Secondo Giovanni Brasso, presidente del consorzio, il provvedimento era non per motivi di sicurezza, ma per difformità rispetto al progetto paesaggistico per cui ha presentato ricorso al Tar. Di fatto, le demolizioni non sono mai state eseguite. Altrimenti, forse, la caduta di Camilla avrebbe avuto un altro esito.