A suo modo, l'ha 'spuntata'. L'epilogo incredibile di una terribile vicenda carceraria l'ha decretata il detenuto Scott Raymon Dozier, 48 anni, condannato alla pena di morte nel Nevada. Ha posto fine al suo 'scontro' con il sistema carcerario e con le leggi dello stato del Nevada suicidandosi nel braccio della morte del carcere di massima sicurezza di Ely in cui era detenuto dal 2007, stanco di attendere l'esecuzione della pena per due omicidi. Per lui, la peggior 'tortura' era diventata non più la certezza della pena capitale, ma il suo continuo rinvio.
Scott Raymon Dozier, suicida in cella perché stanco di attendere
Meglio il suicidio che la cella, in attesa di una condanna a morte che non arriva o che, quando sembra essere giunta, viene rinviata. Il suicidio l'aveva annunciato e pure tentato più volte, e alla fine l'ha realizzato. Scott Raymon Dozier, 48 anni, si è ucciso impiccandosi nella sua cella utilizzando un lenzuolo appeso al condotto dell'aria.
Recluso dal 2007, aveva chiesto di morire anziché dover passare anni nel braccio della morte. Dal 2016, aveva inviato decine di lettere a più giudici per chiedere di accelerare i tempi, dopo aver rinunciato a presentare ricorso in appello e senza mai opporsi all'uso di qualsivoglia farmaco letale.
Una richiesta sempre più pressante dopo che l'esecuzione della condanna tramite iniezione letale era stata bloccata due volte a distanza ravvicinata per insorti problemi 'tecnici'. La prima nel novembre 2017. La seconda nel luglio 2018, dopo che il giudice distrettuale Elizabeth Gonzalez ha accolto il ricorso della casa farmaceutica Alvogen che si era opposta all’uso del suo Midazolam per le pene capitali.
Un episodio senza precedenti nella storia Usa: la casa farmaceutica ha dimostrato che l'inezione di farmaci sperimentali, avrebbero causato atroci sofferenze al condannato ancora cosciente. Ma Dozier a cui era stata, almeno momentameamente, salvata la vita, ha insistito invece d'essere giustiziato: ci sono due registrazioni telefoniche in carcere in cui chiede che al più presto sia eseguita la pena e indica persino una preferenza: un plotone d'esecuzione.
Condanna a morte in Usa, caso emblematico
"Sono stato molto chiaro sul mio desiderio di essere giustiziato, anche se è impossibile evitare la sofferenza", ha scritto Dozier al giudice Gonzalez che ha sospeso l'esecuzione della condanna. Il detenuto non ha mai tentato di giustificare i crimini commessi.
Nel 2002, era stato arrestato per l'omicidio di Jeremiah Miller, un tossicodipendente di 22 anni. Dozier aveva promesso di aiutarlo ad acquistare efedrina, elemento chiave nella produzione di metanfetamine. Miller gli aveva portato 12 mila dollari in contanti per quello scopo preciso. Dozier lo uccise, probabilmente sparandogli, segò il corpo in più pezzi che infilò in una valigia gettata in un bidone della spazzatura a Las Vegas.
Ma a lui è stato attribuito anche l'omicidio nel 2001 di un uomo, Jasen Green, i cui resti furono ritrovati in un contenitore di plastica nel deserto dell'Arizona.
Questa terribile vicenda porta clamorosamente alla ribalta la questione della pena di morte e della sua applicazione negli stati americani in cui è prevista. Dopo la vicenda della casa farmaceutica che ha sospeso l'esecuzione di Dozier, sempre più spesso il boia 'fatica' a trovare il mix di veleni con cui uccidere il condannato.
Ci sono obiettori di coscienza che rifiutano di vendere farmaci letali. I mix di veleni sperimentali hanno spesso effetti terribili sul condannato, procurandogli convulsioni, dolori terribili, come chi ha assistito all'esecuzione della pena ben sa. Vere e proprie torture, sempre più spesso denunciate da associazioni umanitarie.