"Assolti per aver commesso il fatto": parafrasando il titolo di un film del celebre zio, così i parenti di Alberto Sordi hanno commentato la sentenza legata al patrimonio dell'indimenticato attore romano. Oggi il giudice monocratico del tribunale di Roma, ha infatti assolto in primo grado con formula piena le nove persone accusate a vario titolo di ricettazione e circonvenzione di incapace per impossessarsi dell'eredità dell'Albertone nazionale che era andata alla sorella Aurelia, morta nel 2014 a 97 anni.

Vicenda legata all'eredità di Alberto Sordi, la sentenza

Un notaio, due avvocati, il fidatissimo autista e factotum di Albertone che era stato al servizio anche della sorella, cinque dipendenti che lavoravano nella villa alle Terme di Caracalla: sono stati tutti assolti "perché il fatto non sussiste", dal giudice monocratico del tribunale di Roma, Maria Elena Matrojanni, che ha pronunciato la sentenza dopo appena due ore di camera di Consiglio. Nessuno, dunque, secondo il giudice avrebbe mai tentato di mettere le mani sull'ingente patrimonio di 'Albertone', stimato sui 50 milioni di euro.

Il pm Eugenio Albamonte, aveva chiesto condanne comprese tra i quattro e i due anni e mezzo per i professionisti, dai due anni a sei mesi per i cinque dipendenti.

Tutto è nato da un'inchiesta su un presunto tentativo di circonvenzione di Aurelia, morta a 97 anni, nell'ottobre del 2014, partita in seguito alla denuncia del direttore di una banca che aveva notato movimenti sospetti sui conti correnti della sorella di Sordi. La 'signorina', malata da anni di demenza senile, aveva fatto alcune donazioni al personale che la assisteva.

Secondo l'accusa, sarebbero state fatte dall'anziana, ormai incapace di intendere e volere, raggirata proprio dai collaboratori con l'appoggio di due avvocati e un notaio. Accuse azzerate oggi dal giudice che ha assolto, tra gli altri, una badante, una cuoca, un giardiniere, due camerieri. A loro, erano state donate cifre dai 150 mila ai 400 mila euro, in tutto due milioni e mezzo di euro, pari circa al 20 per cento del patrimonio ricevuto da Aurelia in eredità da 'l'imperatore del cinema', morto nel 2003.

Il giudice ha pertanto disposto il dissequestro delle somme riservate agli imputati.

Testamento, resta in piedi il contenzioso civile

"Accettiamo e rispettiamo la sentenza", hanno detto i parenti. Ma la vicenda non è ancora chiusa. Dopo la morte di Aurelia, che come il fratello non si è mai sposata e non aveva eredi diretti, è sorto un contenzioso tra alcuni familiari esclusi dall'eredità, e la Fondazione che porta il nome dell'attore.

Nicoletta Piergentili, legale della Fondazione Museo Alberto Sordi, ora sostiene che la sentenza conferma la validità del testamento che affidava alla stessa l'intero patrimonio, oltre alla dimora storica a un passo dal Circo Massimo in cui l'attore è sempre vissuto, stimata in circa 20 milioni di euro e trasformata in museo.

I nipoti Igor Righini e Renato Ferrante che ha una somiglianza impressionante con l'attore, hanno impugnato il testamento firmato nell'aprile 2011 da Aurelia Sordi, per farlo annullare. Resta in piedi, dunque, l'azione civile. Intervistati da Barbara D'Urso all’esterno del tribunale di Roma nel corso del programma Pomeriggio Cinque, hanno commentato: "Andremo avanti per la verità storica e per tutti coloro che hanno amato nostro zio".

Il nipote Renato ha detto che la vicenda gli sembra un film comico e ha proposto un remake del film dello zio, 'Assolto per aver commesso il fatto'. Di certo, è una storia che, 'adattata' proprio da Sordi, avrebbe fissato caratteri strappando sorrisi.