Dopo la perizia eseguita tra venerdì e sabato scorso emergono importanti novità nel caso dell'agente di polizia penitenziaria Sissy Trovato Mazza, raggiunta da un colpo di pistola alla nuca il 1 novembre 2016 all'interno di un ascensore dell'ospedale civile di Vicenza, dove si trovava per lavoro. Dalle prime indiscrezioni si evince che siano presenti tracce biologiche sull'arma di ordinanza di Sissy, la stessa arma con cui sarebbe stata colpita. I periti hanno effettuato alcuni prelievi sulla pistola rinvenuta nella mano dell'agente, dalla quale non era stato possibile rilevare impronte digitali: l'arma risultava completamente pulita, senza neppure le impronte della stessa agente a cui la pistola apparteneva.
Il ritrovamento di tracce biologiche potrebbe ora dare una svolta alle indagini e rivelare se possano esservi altre persone coinvolte. Ci vorranno circa due mesi per conoscere il risultato della perizia, una corsa contro il tempo per la Procura di Venezia affinché il caso non venga archiviato. Gli accertamenti proseguono anche per quanto riguarda le celle telefoniche agganciate dal cellulare di Sissy, che non venne rinvenuto insieme alla giovane, ma all'interno del suo armadietto, trovato aperto.
Le denunce contro il carcere della Giudecca
La famiglia di Sissy ha sempre rigettato l'ipotesi del suicidio, tesi inizialmente sostenuta dalla Procura, e si è opposta con forza alla richiesta di archiviazione del caso.
Alcune importanti circostanze sono state portate alla luce dai famigliari: l'agente aveva denunciato un presunto giro di droga all'interno del carcere presso il quale prestava servizio, quello della Giudecca, così come alcuni episodi di promiscuità tra alcuni agenti e alcune detenute.
Denunce scomode, che le colleghe di Sissy, e in generale tutto l'istituto penitenziario, non avevano accolto di buon grado.
Sissy avrebbe avuto così alcuni problemi al lavoro negli ultimi tempi, subendo anche violenza fisica da parte delle colleghe. Altro punto importante è il computer di Sissy, nel quale erano annotate tutte le denunce effettuate, che venne trovato completamente formattato due giorni dopo il tragico evento. Anche su questo dispositivo sono stati disposti accertamenti tecnici.
La famiglia dell'agente continua a sostenere l'ipotesi di un'aggressione subita da persone legate all'ambiente lavorativo, qualcuno che voleva impedirle di portare alla luce le attività illegali che si svolgevano all'interno dell'istituto penitenziario. I nuovi accertamenti disposti dalla Procura di Venezia dovranno portare a nuove verità per evitare l'archiviazione del caso, che stagna ormai da parecchi mesi tra l'ipotesi del suicidio e quella dell'omicidio.