Una corte statunitense ha giudicato il governo siriano colpevole dell'uccisione della corrispondente di guerra del Sunday Times Marie Colvin, vittima del bombardamento del Baba Amr Media Center di Homs (Siria) del febbraio 2012, e ha richiesto un risarcimento per la famiglia di 302,5 milioni di dollari.

La giudice di corte distrettuale Amy Berman Jackson, nella sentenza rilasciata il 30 gennaio, ha concluso che l'attacco condotto dall'esercito siriano in data 22 febbraio 2012 contro l'edificio di fortuna dove Marie Colvin lavorava insieme ad altri giornalisti era deliberatamente inteso a colpire gli stessi giornalisti.

"[Marie Colvin] è stata specificamente presa di mira a causa della sua professione, con l'intento di ridurre al silenzio chi parlasse del movimento di opposizione che stava crescendo nel paese", si legge nella sentenza.

Chi era Marie Colvin?

Corrispondente di guerra per il Sunday Times, Colvin ha lavorato in Medio Oriente dal 1986 fino alla sua morte, all'età di 56 anni. Fu parzialmente accecata da una granata in Sri Lanka nel 2001, incidente che la costrinse a portare per il resto della sua vita una benda nera sull'occhio sinistro. Per tre volte vincitrice del premio come "Foreign Reporter of the Year" ai British Press Awards, Colvin era rinomata per i suoi articoli sul costo umano delle guerre e dei conflitti.

Insieme a lei, nel bombardamento fu ucciso anche il fotografo francese Remi Ochlik. Il film "A Private War" (2018) è basato sulla sua vita.

I dettagli della sentenza sull'uccisione di Marie Colvin

Nel verdetto, la giudice Jackson scrive che, grazie alla testimonianza di un disertore dei servizi di intelligence siriani e a quelle di diverse persone presenti al momento dell'attacco, è possibile affermare che "ufficiali ai più alti livelli del governo siriano pianificarono attentamente ed eseguirono l'attacco al Baba Amr Media Center allo specifico scopo di uccidere i giornalisti che si trovavano all'interno".

Gli avvocati dell'accusa, mossa dalla sorella di Marie Colvin, Cathleen, hanno presentato tra le prove la copia di un fax inviato nell'agosto 2001 dall'Ufficio Sicurezza Nazionale siriano, in cui si istruivano gli organismi di sicurezza a lanciare campagne, anche militari, contro "chi infanga l'immagine della Siria sui media stranieri e nelle organizzazioni internazionali".

Inoltre, come indicato nella sentenza, il giorno prima dell'attacco, un informatore ha fornito al governo siriano la posizione del Media Center, da dove Marie Colvin aveva trasmesso quella stessa sera interviste live a diverse emittenti britanniche e americane.

La corte distrettuale statunitense ha potuto processare il governo siriano in quanto Stato sponsorizzatore del terrorismo e quindi non protetto dalla legge sull'immunità degli Stati sovrani. L'avvocato dell'accusa, Scott Gilmore, ha ammesso che potrebbero volerci anni perché la famiglia Colvin ottenga il risarcimento dovuto, ma ha spiegato che cercherà di imporre il pagamento "scovando le proprietà statali e i contratti del governo siriano oltreoceano".