Domenica scorsa Said Mechaouat, 27enne marocchino, si è consegnato ai carabinieri di Torino, confessando l'omicidio di Stefano Leo, avvenuto lo scorso 23 febbraio in riva al Po, ai Murazzi. Come dichiarato dallo stesso assassino, l'apparente felicità del giovane malcapitato è stata la sola causa che ha scatenato il folle gesto. L'omicida reo confesso avrebbe sofferto da tempo di disturbi psichici ed era stato seguito dagli assistenti sociali nel 2015.
La vicenda
Una vicenda folle, quasi inspiegabile. L'unica "colpa" di Stefano Leo, ucciso lo scorso 23 febbraio a Torino, è stata quella di apparire felice per le strade di Torino e di essere quasi coetaneo del suo assassino.
"Ho scelto di uccidere questo giovane, fra le tante persone in strada, perché si presentava con un'aria felice ed io non sopportavo la sua felicità", ha drammaticamente confessato Said Machaouat ai carabinieri del capoluogo piemontese, increduli di fronte a queste dichiarazioni. Come se tutto ciò non bastasse, l'uomo ha aggiunto che le sue intenzioni erano proprio quelle di uccidere, fin dall'inizio, una persona giovane, in modo tale da spezzare tutti i suoi sogni e toglierlo per sempre ad amici e parenti. Come dichiarato da Paolo Borgna, procuratore vicario di Torino, sono in corso ulteriori indagini sul movente, anche dopo la confessione del 27enne di origine marocchina.
La ricostruzione
Quello compiuto da Said Mechaouat è a tutti gli effetti un omicidio premeditato nei minimi dettagli, come dimostra la ricostruzione dell'intera vicenda.
Secondo quanto fornito dal Nucleo investigativo dei carabinieri, infatti, la mattina dell'omicidio il killer aveva acquistato un set di nuovi coltelli e, una volta raggiunta la zona dei Murazzi, aveva avuto un'accesa discussione con una persona seduta su una panchina, accusata di avergli scattato una foto.
La depressione del killer
Said Mechaouat soffriva di depressione da qualche anno e, più precisamente, dal momento della separazione dalla compagna con il conseguente allontanamento dal figlio. L'assassino reo confesso, infatti, ha più volte dichiarato ai carabinieri di non riuscire a sopportare che il suo bambino di soli quattro anni potesse chiamare papà il nuovo compagno della sua ex e di soffrire molto per questa triste situazione.
Nel gennaio del 2019 l'uomo era tornato a Torino dal Marocco e da quel momento ha iniziato una vita da vagabondo, senza fissa dimora in Piazza d'Armi. Proprio in questa piazza, inoltre, Said Mechaouat aveva nascosto l'arma del delitto (un coltello da cucina), con l'intenzione di riutilizzarla in futuro.