Quando i giovanissimi vivono un disagio esistenziale possono arrivare a compiere anche dei gesti estremi. Non è raro venire a conoscenza di ragazzi e ragazze che si suicidano perché hanno preso un brutto voto a Scuola o sono stati bocciati. Di questo tema estremamente delicato si è occupata recentemente anche la Corte Suprema di Cassazione. Nella Sentenza n° 27985/2019 della Terza Sezione Civile viene chiarito che non è possibile stabilire alcun nesso di causalità tra il suicidio dello studente e il mancato preavviso ai suoi genitori della sua bocciatura.
I fatti che hanno portato al giudizio della Corte
Il giudice di legittimità si è trovato di fronte al ricorso presentato da una coppia di genitori che nel 2005 hanno perso il loro unico figlio. Questi, infatti, aveva deciso di togliersi la vita dopo essere venuto a sapere che sarebbe stato bocciato alla fine del secondo anno di liceo scientifico. I genitori del ragazzo hanno intentato causa contro il Ministero dell'Istruzione e della Ricerca scientifica e anche contro la scuola frequentata dal figlio. Infatti, l'Istituto non aveva provveduto ad avvertire preventivamente i genitori dell'esito negativo degli scrutini e, quindi, della bocciatura del figlio. Tale comunicazione era, infatti, obbligatoria in base ad una precisa normativa ministeriale, cioè l'articolo 16 dell'Ordinanza del 25 maggio 2001 n° 90.
I genitori del ragazzo chiedevano, quindi, di essere dovutamente risarciti per la perdita del proprio figlio prematuramente scomparso. Ma sia in primo grado che, successivamente, in sede di Corte d'Appello le loro richieste erano state completamente disattese. Per tale motivo la coppia ha proposto ricorso alla Cassazione.
I motivi della decisione della Cassazione
La Corte Suprema ha deciso di rigettare il ricorso dei genitori dello studente suicida. Secondo il Supremo Collegio, infatti, i giudici di merito hanno svolto correttamente il loro lavoro, innanzitutto verificando se potesse esistere un nesso causale tra la condotta omissiva addebitata alla Pubblica Amministrazione e il suicidio del ragazzo.
D'altra parte, la Corte di Cassazione, in via preliminare, ricorda alcuni elementi fattuali non contestati da nessuna delle parti in causa. Effettivamente non venne emesso dalla scuola del giovane suicida nessun avviso preventivo nei confronti della famiglia per rendere edotti i genitori dell'esito negativo degli scrutini. Parimenti è certo che il ragazzo sia venuto a conoscenza della sua bocciatura solo nel momento in cui, insieme alla sua ragazza e senza essere accompagnato da nessun adulto, si è recato a vedere i "quadri". Successivamente, continua la Corte, il giovane ha contattato telefonicamente la madre dicendo che si sarebbe recato dall'insegnante che durante l'anno scolastico gli impartiva ripetizioni private.
Di conseguenza, la madre ha contattato il docente per preavvertirlo dell'arrivo del figlio. Purtroppo, l'insegnante non poté ricevere immediatamente in casa il ragazzo, che rimasto per qualche minuto nel giardino della casa dell'insegnante ingerì del liquido presente in un recipiente rinvenuto sul posto e rivelatosi poi letale.
Tale ricostruzione serve alla Corte di Cassazione per poter affermare che l'operato ricostruttivo controfattuale del giudice di merito, in relazione ai possibili esiti della vicenda nel caso in cui si fosse correttamente provveduto ad inoltrare l'avviso ai genitori del ragazzo, è stato corretto. Anche perché, ricorda la Corte, la disposizione secondaria che prevede l'obbligo di avviso da parte della Scuola ai genitori ha l'obiettivo di permettere agli stessi di filtrare la notizia nei confronti del proprio figlio minorenne.
Detto ciò la Corte di Cassazione richiama un suo consolidato orientamento in base al quale in tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell'accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale che pone al posto dell'omissione il comportamento dovuto. E tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del "più probabile che non" conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica. Tale standard va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto.
Da ciò, la Corte di Cassazione ribadisce che la Corte d'Appello prima di esaminare gli aspetti inerenti la colpa del personale docente nel non aver inviato l'avviso ai genitori, non ha determinato l'esistenza del nesso causale solo in termini probabilistici, ma ha tenuto conto debitamente delle circostanze del caso specifico. Risultavano, infatti, buoni rapporti tra il giovane e i propri genitori e la completa insussistenza di situazioni di potenziale disagio o stress nella personalità dello studente. Di conseguenza, la corte territoriale ha concluso che fosse estremamente bassa la probabilità che un insuccesso scolastico potesse sfociare in un suicidio solo perché non era stata preventivamente avvertita la famiglia.
Infine, la Corte di Cassazione procede ad un raffronto tra quanto sostenuto dai ricorrenti e le cosiddette "regole di struttura" di un giudizio tipico. E da questo punto di vista, il Supremo Collegio ribadisce che: In primo luogo, non risponde a regolarità causale la condotta di uno studente che, a fronte di una bocciatura, decide tragicamente di porre fine alla sua vita. In secondo luogo, non rientra nel rischio tipico, che la norma secondaria intende tutelare, il tragico evento verificatosi a seguito del mancato avviso della bocciatura ai genitori del minore. Infine, non rientra nello scopo della norma violata l'impedire l'evento - suicidio del minore, essendo l'obbligo di avviso ai genitori sancito dall'ordinanza ministeriale volto piuttosto a conseguire una più adeguata e più serena preparazione del minore stesso alla notizia della bocciatura attraverso il filtro dei propri genitori. Per tali motivi il ricorso è stato rigettato.