Coronavirus: in Gran Bretagna tre istituti privati avevano chiuso i battenti lo scorso venerdì per fare una sanificazione profonda dei plessi scolastici. A ispirare il provvedimento d'urgenza non era stata una situazione di emergenza sanitaria (come in Italia, dove il governo ha deciso di chiudere tutte le scuole e le università dal 5 al 15 marzo) né l'aver riscontrato casi di positività al virus, bensì la presenza tra gli studenti di alcuni ragazzi di origine italiana.
La modalità discriminatoria non è sfuggita all'attenzione dell'ambasciata italiana che ha protestato.
Coronavirus: scuole chiuse a causa di studenti di origine italiana
Essere uno studente d'origine italiana era diventata una colpa, o peggio, una minaccia agli occhi di Chris Drew, preside di tre istituti scolastici in Inghilterra, la Atam Academy di Redbridge, la Khalsa Secondary Academy di Stoke Poges, e la Khalsa Academy di Wolverhampton.
Il dirigente scolastico aveva inviato una lettera alle famiglie dei ragazzi per informare della chiusura delle scuole giovedì 27 e venerdì 28 febbraio a scopo precauzionale, pur non essendoci un pericolo o contagio accertato da coronavirus. Era bastata la presenza, tra gli allievi, di ragazzi d'origine italiana.
Protesta dell'ambasciata italiana e scuse
"La generica origine delle persone non ha a che fare con temuti contagi, né con quanto sta accadendo in Italia": l'ambasciata italiana a Londra ha contestato l'iniziativa, ritenuta ingiustificata e discriminatoria, sottolineando che tra le misure annunciate dal governo inglese per contrastare il Covid-19 non compare la disinfestazione di luoghi in cui lavorino o studino i nostri connazionali.
"Siamo certi che non fosse questo l'intento - hanno scritto in una lettera i rappresentanti diplomatici a Londra - ma saremmo grati se il malinteso, probabilmente causato da una stesura frettolosa, venisse chiarito alle famiglie degli alunni che non sono stati nelle zone a rischio".
Le misure prese dal governo di Boris Johnson prevedono che chi torni nel Regno Unito dalle zone focolaio italiane debba mettersi in 'auto-quarantena', anche in mancanza di sintomi.
Deve osservare un periodo di quarantena volontaria anche chi rientra dall'Italia del Nord, in presenza di sintomi lievi.
Ben diverso il caso di due scuole inglesi che sono state chiuse in questi giorni perché le scolaresche avevano trascorso la settimana bianca sulle Alpi italiane. Anche in questa circostanza, è stato suggerito di porsi in autoquarantena.
Invece, il provvedimento preso dalle tre scuole private, aveva lasciato intendere che bastasse essere italiani - o d'origine italiana - per essere considerati infetti.
Il dirigente scolastico in un secondo momento ha chiesto scusa tramite un nuovo documento ufficiale, precisando di aver deciso di chiudere gli istituti e di procedere con degli interventi di sanificazione perché alcuni studenti sarebbero stati nel Nord Italia o avrebbero ricevuto la visita di amici e parenti provenienti da zone a rischio durante le vacanze di metà febbraio.
Chris Drew ha inoltre affermato che si è trattata di una misura per la sicurezza e la salute degli alunni, anche se non ci sono casi confermati di positività nelle tre scuole e neanche sintomi.
Si è scusato anche per le parole infelici utilizzate nella prima lettera.
Coronavirus, italiani discriminati
La ruota della discriminazione, a causa della paura di contrarre il virus, gira. Se prima ad essere discriminati - anche in Italia con qualche episodio esecrabile - erano stati i cinesi, ora gli "untori del mondo" sembrerebbero essere diventati gli italiani. Visti con diffidenza, sospettati, etichettati, costretti a riscoprirsi migranti perché - come i connazionali che uno o due secoli fa si imbarcavano per l'America o si sparpagliavano in Europa in cerca di fortuna - oggetto di razzismo, in quanto possibili portatori di contagio da coronavirus, ora che l'Italia è diventata in Europa l'epicentro dell'infezione.
La cronaca ha raccontato in questi giorni casi di discriminazione da epidemia: turisti italiani a cui è stato vietato l'ingresso alle Mauritius o in Israele, Giordania, Arabia Saudita, Madagascar, ai Caraibi, in Ciad, Kuwait, Repubblica Dominicana, Vietnam.
Oppure, casi di passeggeri italiani maltrattati all'aeroporto di New York. In alcuni paesi, tra cui il Regno Unito, basta arrivare dal nostro Paese per essere messi in quarantena. In Francia, Marine Le Pen ha invocato la chiusura della frontiera con l’Italia, proponendo di sospendere il trattato di Schengen. Alcune compagnie aeree hanno interrotto le tratte da e per la nostra penisola.
In questo contesto, tra antichi dissapori e una concorrenza commerciale sleale, si inserisce la trovata di un programma satirico andato in onda sul francese Canal+ che prendeva in giro l'Italia.
Un finto spot di un altrettanto finto nuovo prodotto gastronomico italiano, la nuova pizza al coronavirus, il cui ingrediente era il muco che il finto pizzaiolo italiano, tossendo, faceva finire sull'impasto.
Una pizza che "farà il giro del mondo", recitava la pubblicità fasulla. Dopo l'indignazione istituzionale, sono arrivate le pronte scuse da parte delle autorità e delle televisioni francesi.