Ancora un’altra busta incendiaria a Roma: salgono così a cinque i pacchi esplosivi inviati per posta nel giro di poco più di una settimana nell’area della Capitale. Per tre volte le donne che stavano maneggiando in plico sono state investite dalla fiammata provocata dell’ordigno, riportando ferite lievi. Anche in quest’ultimo caso la mano di chi ha costruito il meccanismo sembra essere la stessa.

L’ultima missiva è stata inviata via posta presso l’abitazione di un uomo di 54 anni, che vive nell’hinterland, a Palombara Sabina, ma che lavora come portiere in un residence nella zona di Ponte Milvio.

Per fortuna il destinatario, insospettito dal nome del mittente e dalla busta imbottita all’interno, ha preferito non aprirla e portare tutto alla più vicina caserma dei carabinieri: in questo modo ha impedito che il congegno entrasse in azione.

La busta è simile agli altri pacchi incendiari

I militari dell’Arma, presa in consegna la busta sospetta, l’hanno affidata agli artificieri che, dopo aver trovato dei cavi elettrici collegati a una pila al suo interno, hanno disinnescato il meccanismo, senza far esplodere il plico. Essendo rimasto integro, il congegno potrebbe fornire tracce o impronte utili per le indagini. A prima vista sembrerebbe essere molto simile ai quattro pacchi esplosivi spediti negli scorsi giorni; tuttavia serviranno ulteriori accertamenti per verificare se, come sembra, si tratta dell’opera della stessa persona.

Ancora una volta si è trattato di una busta gialla commerciale di formato A4 con scritto sopra un mittente falso, anche se scelto tra chi i destinatari effettivamente conoscono: si pensa che l’autore trovi i nomi tra i contatti di Facebook dei suoi obiettivi.

Gli autori dei pacchi bomba potrebbero essere anarchici antimilitaristi

Secondo gli inquirenti, che al momento non escludono nessuna ipotesi, la pista più probabile è quella di un gruppo antimilitarista della galassia anarchica, anche se al momento non sono giunte rivendicazioni. Il Messaggero rivela come gli uomini della Digos insieme ai carabinieri del Ros negli ultimi giorni abbiano visionato i filmati delle telecamere di sorveglianza in diversi bazar gestiti da cinesi, nella zona di Roma nord.

Infatti coloro che hanno confezionato i pacchi incendiari potrebbero aver comprato in quei negozi i componenti utilizzati per realizzare gli ordigni rudimentali.

All'interno dei primi quattro plichi era presente una scatoletta di legno con un innesco, che entrava in azione non appena si manometteva la confezione, e una quantità di esplosivo in grado di ferire le vittime, senza ucciderle.

I precedenti destinatari dei pacchi esplosivi

A quanto pare i destinatari non si conoscono tra loro, né hanno nessun legame diretto. La prima busta era accidentalmente esplosa il primo marzo nel centro di smistamento postale di Fiumicino, ustionando una dipendente. Era indirizzata ad un’impiegata amministrativa dell’università di Tor Vergata, che nell'ottobre scorso, poco prima di andare in pensione, si era occupata di un accordo con l'Aeronautica Militare.

Il giorno dopo era rimasta ferita un’ex docente di biochimica dell’università Cattolica del Sacro Cuore, ateneo che nel 2017 aveva siglato un'intesa di cooperazione con una struttura della Nato, il Corpo d'armata di reazione rapida in Italia (Nrdc-Ita). Più difficile trovare un possibile movente per il pacco indirizzato alla terza vittima, una dipendente dell’Inail, colpita in modo lieve dall’esplosione della missiva. Infine il quarto plico era arrivato lo scorso 5 marzo all’avvocato Paolo Giachini, proprio nella stessa abitazione in cui il legale aveva ospitato l'ufficiale delle Ss Erich Priebke, quando era ai domiciliari in seguito alla condanna per la strage delle Fosse Ardeatine: anche in quest’ultimo caso il destinatario si era insospettito ed aveva evitato di aprire la busta.