"Sono innocente": Antonio Logli continua ostinatamente a dichiararsi incolpevole. E lo fa dal carcere di Massa dove è detenuto da 11 mesi per l'omicidio della moglie Roberta Ragusa, scomparsa nel gennaio 2012 e della quale non è mai stato trovato il corpo.
Nei giorni scorsi, Logli ha inviato una lettera alla giornalista di Quarto Grado, Francesca Carollo, che ha seguito tutto il caso, per annunciare un colpo di scena: il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Alcuni passaggi della missiva, sono riportati oggi sulle pagine dei principali quotidiani.
Logli, dopo tre gradi di giudizio, è stato condannato definitivamente a 20 anni di reclusione.
Roberta Ragusa, Logli: 'Manca ogni giorno a me e ai miei figli'
Per la giustizia italiana, è responsabile della morte della moglie e della distruzione del corpo. Logli non ha mai confessato il delitto, né cambiato la sua versione. Ha sempre sostenuto di non aver mai fatto del male a Roberta Ragusa, e che la notte della sua scomparsa non ci sarebbe stato alcun litigio tra loro: la donna si sarebbe allontanata di sua spontanea volontà, e sarebbe viva da qualche parte. In linea con il comportamento difensivo che ha sempre avuto, nella lettera scritta di suo pugno a caratteri maiuscoli, l'uomo, che oggi ha 57 anni, continua a dichiararsi innocente.
Sostiene di sentire ogni giorno la mancanza di Roberta, e come lui i figli, Daniele e Alessia, di 23 e 19 anni. Proprio in merito ai suoi figli, l'ex elettricista ed ex impiegato del comune di San Giuliano Terme, smentisce di averli plagiati con discorsi e comportamenti, come sostengono alcuni accusatori. A Quarto Grado, entrambi i ragazzi hanno detto di credere fermamente nell'innocenza del padre.
Logli, a sua difesa anche una criminologa
L'ultima battaglia giudiziaria di Logli è appena cominciata. Il nuovo legale da lui incaricato, Enrico Di Martino, è già al lavoro. Come consulente tecnico, ha nominato la criminologa Anna Vagli: stanno preparando il ricorso da presentare alla Corte europea. Al tribunale internazionale, con sede a Strasburgo, si rivolge chi crede di essere stato vittima di violazioni da parte della giustizia del proprio Stato.
"Stiamo lavorando a nuovi spunti investigativi - ha detto Vagli - La Corte europea non è l’unica strada che stiamo valutando". A dicembre, Logli aveva già scritto una lettera indirizzata alla trasmissione Quarto Grado in cui diceva di voler far riaprire il caso. Secondo il legale, durante l'iter processuale, ci sarebbero state discrasie e differenza tra il peso dato alle testimonianze a sfavore, rispetto a quelle a favore di Logli.
Roberta Ragusa, l'epopea giudiziaria
Roberta Ragusa scomparve nel nulla, nella fredda notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, dalla casa di Gello, frazione di San Giuliano Terme, provincia di Pisa, in cui abitava con Logli e i due figli. Alla vicenda dell'omicidio senza un corpo, diventata uno dei più eclatanti casi di Cronaca Nera degli ultimi anni che ha monopolizzato l'attenzione dell'opinione pubblica e continua a farlo, ha posto la parola fine la sentenza della Cassazione del 2019.
Nel 2015, il gup dispose il non luogo a procedere perché il fatto non sussisteva. Logli uscì dal tribunale di Pisa sorridente. Poi tutto è cambiato in primo e in secondo grado. La Corte d'Assise d'Appello di Firenze, pur ammettendo che si è trattato di un processo di natura indiziaria, lo ha condannato con rito abbreviato a 20 anni. La pena, infine, è stata confermata in Cassazione. Secondo i giudici della Suprema Corte, Logli avrebbe ucciso la moglie per poi farne sparire il corpo, perché il rapporto coniugale si sarebbe logorato per la duratura relazione extraconiugale intrattenuta dall'uomo con Sara Calzolari, baby sitter in casa Logli e collaboratrice dell'autoscuola di famiglia in cui lavorava anche Roberta, poi diventata compagna e convivente del condannato.
Il movente per la Suprema Corte sarebbe chiaro: “La coppia aveva interessi patrimoniali ed economici strettamente connessi”, e per questo Logli non avrebbe accettato l’idea di una separazione.
La notte della scomparsa, Roberta avrebbe scoperto la vera identità dell'amante del marito dopo che l’uomo si era appartato nella soffitta della loro casa per chiamarla al telefono. Sarebbe scoppiata, allora, una violenta lite: la donna sarebbe scappata di casa in pigiama e pantofole “indotta da un forte timore per la sua incolumità”. Logli, che sarebbe stato visto dal vicino e testimone chiave, Loris Gozi, l'avrebbe seguita, costringendola a forza a salire sulla sua auto. A quel punto, come si legge nella sentenza della Cassazione, l'avrebbe condotta "in altro luogo, rimasto ignoto, per poi sopprimerla con modalità anch’esse non potutesi accertare e farne sparire definitivamente, almeno sino ad ora, il corpo”.