Dopo due anni di indagini, una pericolosa setta attiva da più di trent'anni a Novara, ma con diramazioni in altre città del Nord come Milano, Genova e Pavia, è stata sgominata. Nelle ultime ore sono state effettuate numerose perquisizioni in queste città dalla polizia, nell'ambito dell’operazione Dioniso, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Torino. Dietro alla setta si nascondeva un'associazione a delinquere che operava per ridurre in schiavitù gli adepti, soprattutto donne, commettendo numerosi reati come abusi e violenze, anche nei confronti di minorenni.

Tutte le 26 persone indagate sono state denunciate a piede libero: a capo del gruppo criminale c’era un uomo di 77 anni, chiamato il dottore, accusato di aver soggiogato per anni diverse donne, anche giovanissime.

La setta era organizzata secondo una struttura piramidale

Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno scoperto come la setta fosse organizzata secondo un modello di tipo piramidale: subito al di sotto del capo operavano alcune “fedelissime”, donne tra le quali c’erano anche figure professionali esperte in psicologia, che avevano il compito di reclutare sempre nuove vittime da sottomettere. Infatti, attraverso un lento lavaggio del cervello e diverse pratiche di indottrinamento, le giovani, anche minorenni, erano costrette a subire abusi e violenze carnali; poi, con il trascorrere degli anni, passavano a loro volta a reclutare nuovi membri.

Le ragazze erano introdotte, spesso inconsapevolmente, alla psico-setta mediante una serie di attività legate al gruppo: un centro di assistenza psicologica e numerosi esercizi commerciali – come diverse erboristerie e una bottega di artigianato – ma anche una piccola casa editrice, due scuole di danza e una palestra in cui si tenevano corsi di spada celtica.

Il capo della setta era un 77enne

Figura centrale era quella del capo: secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, il 77enne aveva il potere di decidere su ogni aspetto della vita delle adepte. Alle giovani non era concesso nemmeno nominarlo, ma dovevano indicarlo con il soprannome “il dottore” o chiamandolo “Lui”. L’uomo era venerato come una divinità: quando qualcuno gli disubbidiva, era immediatamente isolato dal gruppo.

Gli affiliati, che tra loro si chiamavano “bestie”, subivano anche gli ordini delle più strette collaboratrici del capo, poste ai vertici della struttura gerarchica. Le ragazze, sin da piccole, erano introdotte alla filosofia della setta: imparavano anche alcune pratiche magiche, che dovevano servire a iniziare le giovani. Inoltre i membri del gruppo erano obbligati a versare denaro alla setta, specialmente nel caso di persone provenienti da famiglie agiate.

La setta controllava ogni aspetto della vita delle adepte

L'organizzazione era ormai collaudata e continuava a operare da più di trent'anni, quando la setta era stata fondata, in seguito alla fusione di due diversi gruppi che operavano nella zona di Novara.

Ogni aspetto della vita degli adepti, dalle relazioni familiari alla formazione professionale, finiva sotto il rigido controllo dei vertici. I parenti delle vittime erano accolti nell'organizzazione oppure venivano allontanati dalle ragazze, che erano obbligate a troncare tutti i rapporti con loro. “Il dottore” decideva l’indirizzo di studi, i corsi da seguire e perfino il lavoro delle giovani, quasi sempre nelle attività commerciali legate alla setta, creando così anche una dipendenza economica. In particolare psicologhe professioniste, che collaboravano con il capo, avevano il compito di sfruttare la fragilità emotiva delle ragazze per adescarle, con una serie di atteggiamenti premurosi che pian piano sfociavano in un lavaggio del cervello che portava le vittime anche ad accettare gli abusi e le molestie. Probabilmente l'attività sarebbe proseguita a lungo se una delle adepte non avesse deciso di rompere il silenzio e denunciare questo sistema criminale.