La morte di Martina Rossi potrebbe restare senza colpevoli per i tempi lunghi della giustizia. La studentessa genovese aveva 20 anni quando precipitò, la notte del 3 agosto 2011, dal sesto piano di un albergo di Palma di Maiorca, in Spagna. Ieri, 7 aprile, a quasi dieci anni dall'anniversario di quel tragico evento, si è aperto al Tribunale di Firenze il processo di Appello bis. Dovrà essere celebrato in fretta prima della prescrizione del reato di tentata molestia di gruppo che vede, ancora una volta, sul banco degli imputati, Alessandro Albertoni, di 28 anni, e Luca Vanneschi, di 29.

In primo grado, i due imputati erano stati condannati dal Tribunale di Arezzo a sei anni di reclusione per il tentativo di abuso e morte in conseguenza di altro reato. Verdetto completamente ribaltato in Appello: lo scorso 9 giugno, i due erano stati assolti 'perché il fatto non sussiste'. Il 21 gennaio, la Cassazione ha annullato la sentenza ritenendola incompleta, illogica e contraddittoria e ha disposto un nuovo processo. "Lei non c'è più, per noi è un dolore ogni volta, siamo ancora più disperati rispetto al primo giorno", ha detto il papà di Martina, Bruno, che con la moglie non ha mai perso un'udienza dei processi per la morte della figlia.

Martina Rossi, chiesti tre anni per gli imputati

Il sostituto procuratore generale di Firenze, Luigi Bocciolini, ieri, durante la requisitoria dinnanzi al nuovo collegio della Corte d'Appello di Firenze presieduto da Alessandro Nencini e dai giudici Paola Masi e Angela Fedelino, ha chiesto tre anni di reclusione per entrambi gli imputati, originari di Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo.

La stessa richiesta l'hanno fatta i legali dei genitori, costituitisi parte civile. La Procura generale ha chiesto una pena dimezzata rispetto a quella inflitta in primo grado perché il capo d'imputazione di morte in conseguenza di altro reato è andato prescritto.

Secondo la ricostruzione dell'accusa, Martina Rossi la notte del 3 agosto 2011, di ritorno da una serata trascorsa in discoteca, scavalcò il balcone della camera 606 dell'hotel Sant'Ana di Palma di Maiorca dove alloggiavano i due ragazzi, precipitando nel vuoto, nel tentativo di sfuggire a una violenza.

Tesi sempre respinta dalla difesa dei due imputati, secondo cui Martina si sarebbe tolta la vita. La studentessa, in vacanza con amiche, alloggiava nello stesso albergo.

La prossima udienza con le repliche della difesa è fissata per il 14 aprile. Il verdetto potrebbe arrivare il giorno stesso o, al più tardi, il 28 aprile. "Il processo è partito a sei anni dal fatto, e si è sempre svolto secondo i tempi voluti dalla corte. Difensori e imputati non hanno mai mirato alla prescrizione", ha detto ai cronisti Stefano Buricchi, legale di Luca Vanneschi. Dei due imputati, solo Alessandro Albertoni, assistito dall'avvocato Tiberio Baroni, ha chiesto di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. L'inchiesta, avviata a Genova, per competenza territoriale si era spostata ad Arezzo, in base alla residenza degli imputati, per poi approdare a Firenze.

Martina Rossi, lo sfogo del padre

Alle otto di ieri mattina, Franca e Bruno, i genitori di Martina Rossi, mano nella mano hanno varcato le porte del Tribunale di Firenze. "Martina non c'è più. Al suo papà ha dato tanto. Mi ha dato la forza di continuare ancora a fare battaglie. Dopo dieci anni, non hanno nemmeno chiesto scusa, una cosa che non è nemmeno umana", ha protestato il papà, riferendosi agli imputati. Bruno è certo che, se andasse a rubare una mela in un supermarket, sconterebbe una pena maggiore di quella che toccherà ai due ragazzi.

"Avremo almeno una verità processuale, perché la verità sostanziale io la conosco", ha aggiunto la mamma di Martina, Franca Murialdo. "Si deve fare presto e bene", ha detto Stefano Savi, l'avvocato della famiglia Rossi perché la battaglia processuale è anche contro il tempo.

Ad agosto, andrà prescritto anche il reato di tentata molestia di gruppo. "Alla fine, questi due ragazzi saranno responsabili di aver ammazzato Martina in un modo o nell'altro", ha detto il papà.

Martina Rossi, la Cassazione

In un passaggio della sentenza della Cassazione che ha disposto il nuovo processo, si sottolinea che Martina Rossi precipitò senza avere addosso i pantaloncini del pigiama. Per i giudici della Suprema Corte, si tratta di un elemento gravemente indiziario, soprattutto se letto in correlazione ai graffi sul collo di Albertoni, da aggiungere ad altre evidenze probatorie di cui i giudici di merito non possono non tenere conto. Per gli ermellini, è evidente che le vennero tolti quando giunse nella stanza d'albergo degli imputati. "Martina non è caduta dal balcone per sua volontà, ma perché cercavano di farle fare qualcosa che non voleva fare", ha ribadito ancora ieri suo padre.