Chili di cocaina, hashish e anfetamina che partivano dalla Spagna per poi – secondo le indagini effettuate dai carabinieri - rifornire il mercato illegale della droga in Sardegna, Sicilia e anche in Piemonte. Una banda criminale specializzata nello smercio di sostanze stupefacenti che, tra i suoi componenti (nove in totale), secondo gli investigatori aveva anche due sardi. Si tratta di Luca Bassu, 43enne originario di Orgosolo, e Paolo Gaviano, 53 anni, di Cagliari, arrestati questa mattina 27 aprile dai carabinieri. I due, a vario titolo, sono accusati di “associazione finalizzata al traffico di droga con l'aggravante della transnazionalità”, si legge nelle carte firmate dalla Procura.
Secondo l'accusa proprio Bassu e Gaviano avrebbero importato la droga dalla Spagna. Stupefacente che poi veniva rivenduto anche in tutta la Sardegna. L'operazione, denominata “Junior”, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Torino ed è stata eseguita dai carabinieri del Ros, il raggruppamento operativo speciale dell'Arma. I carabinieri hanno sequestrato 179 chili di sostanza stupefacente, tra anfetamina, hashish e cocaina. Oltre che 700mila euro in contanti, probabile frutto del traffico internazionale. Si è trattato comunque di un sequestro preventivo del denaro.
Una banda specializzata
Dalle prime ore di questa mattina i carabinieri del reparto speciale dell'Arma, con la collaborazione dei colleghi dei comandi provinciali di Cagliari, Nuoro, Ragusa, Savona, Ancona e Torino, hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a nove persone, tra cui i due sardi.
Le misure restrittive sono state formulate dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino e messe nero su bianco dal tribunale dopo anni di indagini. Iniziate nell'estate del 2017, quando i carabinieri si erano messi alla ricerca di un latitante, Junior Giuseppe Nerbo, 34enne, che ora si trova in carcere per l'omicidio del gioielliere Patrizio Piatti, assassinato durante una rapina nella sua abitazione.
L'uomo – ritenuto dai militari la mente della banda – era stato arrestato proprio in Spagna due anni dopo l'omicidio. L'arrestato era riuscito a cambiare identità e, con un nome falso, si era stabilito a Barcellona insieme alla compagna. Ed è proprio qui che i militari della “Guardia Civil” spagnola, con la collaborazione dei Ros dei Carabinieri, l'avevano individuato e arrestato.
Nerbo era stato bloccato all'interno di una clinica odontoiatrica dove era stato ricoverato per un'operazione ai denti. Durante i due anni di latitanza il 34enne era riuscito più volte a evitare l'arresto, come quando gli investigatori avevano cercato di fermarlo alla frontiera tra Italia e Francia. L'uomo però aveva fatto uno scambio d'auto e aveva fatto guidare la sua da un amico. In questa maniera aveva evitato di essere pedinato e aveva raggiunto tranquillamente la Spagna.
Gestiva il traffico dal carcere
Junior Giuseppe Nerbo, dopo essere stato arrestato in Spagna e poi estradato in Italia, non aveva smesso di trafficare, come hanno dimostrato i carabinieri. L'uomo infatti nonostante fosse in carcere, continuava a gestire i suoi “affari” illegali.
Fatto dimostrato dalle intercettazioni ambientali effettuate nel penitenziario dove, approfittando dei colloqui con i familiari, impartiva ordini ai suoi uomini. Tra l'altro utilizzando telefonini cellulari introdotti illegalmente in carcere, con i quali gestiva il traffico di sostanze stupefacenti. In questa maniera riusciva a comunicare con i suoi uomini, che lo tenevano perennemente informato anche tramite messaggi criptati inviati tramite posta. Gli investigatori dei carabinieri hanno dimostrato che gran parte della droga veniva fatta arrivare in Italia anche tramite società di spedizioni. Totalmente ignare del contenuto dei pacchi che trasportavano. Confezioni di droga che venivano tracciate addirittura con il Gps, per sapere sempre la posizione e lo spostamento della droga. I carabinieri hanno trovato decine di dispositivi di tracciamento nei pacchi sequestrati.