Domani, lunedì 3 maggio, la Cassazione dovrebbe mettere la parola fine sul caso Vannini, al termine di una lunga vicenda, giudiziaria e umana. Due famiglie attendono con trepidazione questa data per motivi opposti. Marina Conte e Valerio Vannini, genitori di Marco, vogliono giustizia affinché il figlio possa finalmente riposare in pace. La notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, fu ucciso a 20 anni da un colpo di arma da fuoco a casa della sua fidanzata Martina, a Ladispoli. A sparare fu Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare distaccato ai Servizi segreti che, per gioco, credendo la pistola scarica, fece esplodere il colpo letale.
Per Antonio Ciontoli, i figli Federico e Martina, e la moglie Maria Pezzillo, potrebbero aprirsi le porte del carcere. La Suprema Corte, potrebbe confermare le condanne per Antonio Ciontoli, a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, per la moglie e i due figli, a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario.
Caso Vannini, ultimo capitolo
La Cassazione è chiamata a pronunciarsi per la seconda volta dall'inizio del processo. Domani, la Quinta Sezione penale dovrà vagliare la sentenza di appello bis, a seguito del ricorso presentato da Andrea Miroli e Pietro Messina, difensori dei Ciontoli, che hanno contestato un presunto travisamento delle prove e motivazioni contraddittorie.
Il verdetto potrebbe essere confermato. Altrimenti, tutto il processo o parte di esso, potrebbe essere annullato con rinvio.
Nel febbraio del 2020, la Cassazione ha annullato la prima sentenza d'appello che aveva condannato il principlae imputato, Antonio Ciontoli, per omicidio colposo, riducendogli la pena da 14 a 5 anni. In appello bis, Ciontoli è stato nuovamente condannato per omicidio volontario.
Nella sentenza del 2020 con cui la Cassazione ha ordinato un nuovo giudizio, si afferma che la morte di Marco Vannini sia sopraggiunta quale conseguenza delle lesioni causate da un colpo di arma da fuoco, della mancanza di soccorsi e della condotta omissiva di tutti gli imputati. Se i soccorsi fossero stati attivati tempestivamente, hanno scritto i giudici del "Palazzaccio", Marco Vannini si sarebbe potuto salvare.
Per la Suprema Corte, "il colpo di arma da fuoco, è ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi". Dopo il ferimento, però, tutti i Ciontoli, a vario titolo, "presero parte alla gestione delle conseguenze dell'incidente".
Mamma Marina: 'Contenta che sia arrivato questo giorno'
Marina Conte, la mamma di Marco, ha dichiarato di essere contenta che sia arrivato il giorno tanto atteso, a cavallo tra l'8 aprile, data di nascita di Marco, e il 18 maggio quando cadrà il sesto anniversario della sua morte. "Sono sei anni che lottiamo per ottenere giustizia". Per il 18 maggio, spera di portare sulla tomba del figlio dove spesso si reca, "il mazzo di fiori definitivo della giustizia”.
Lo scorso 8 aprile, in occasione del compleanno di Marco, Marina ha scritto: "Marco, figlio mio, auguri di buon compleanno. Oggi avresti compiuto 26 anni se non ti avessero ucciso. Sei sempre qui con me, ti porto sempre nel mio cuore. Per te preparerò una torta di mele che era la tua preferita. Sopra ci metterò una candela e sarà come mangiarla insieme!". Infine: "A Marco abbiamo giurato che avremmo lottato fino alla fine per dargli giustizia e mai ci fermeremo fino a quando quei quattro assassini non marciranno in galera".
Antonio Ciontoli: 'Sono il mostro che ha ucciso Marco'
In una lettera aperta, Antonio Ciontoli chiede perdono per la "giovane vita spezzata". Si definisce "il mostro che ha strappato ai propri genitori l’unico figlio".
Suo figlio Federico Ciontoli, in alcuni post ha attaccato i media che avrebbero falsato l'accaduto di quella tragica notte, e si è dissociato dal resto della famiglia. "Non sono mio padre, non sono mia sorella. Le mie parole sono mie, perché sono espressione di quello che sento", ha scritto. Dopo un certo clamore sui social, lo scorso 25 aprile ha annunciato di abbandonarli per "tornare alla vita reale". "Al di là di quale sarà l'esito della Cassazione, io continuerò nella speranza di lasciare un segno per chi in futuro si troverà a vivere una sofferenza dalla quale crede non ci sia via d'uscita", il suo congedo social.
Nella sua lettera aperta, la sorella Martina, ha sostenuto che non si sarebbe accorta che il fidanzato stesse male e che avesse un proiettile in corpo.
"Non ho mai davvero pensato al carcere neanche come ipotesi nel mio futuro di fronte alla consapevolezza della verità. Mi sto rendendo conto che fra poco, probabilmente, per come sono andate le cose per quella che è stata la realtà costruita, dovrò confrontarmi con questa possibilità e non so se sono in grado”.