Un ex militare di 36 anni, nelle prime ore della mattinata di sabato 28 ottobre ha ucciso la compagna 32enne nella loro abitazione di Rivoli, alle porte di Torino; successivamente l’uomo è salito in macchina con la figlia, una bambina di tre anni per recarsi nella fonderia dove lavora come operaio a Orbassano. Entrato nello stabilimento con la piccola, l’ha affidata a un collega, spiegandogli che doveva allontanarsi per qualche minuto. A quel punto ha telefonato al 112, annunciando l’intenzione di togliersi la vita, e – proprio mentre una vettura dei carabinieri stava giungendo sul posto – si è lanciato nel vuoto da un silos nei pressi della fabbrica, morendo sul colpo.
Prima di lasciare l’abitazione al piano rialzato in un edificio di via Montebianco, il 36enne aveva telefonato alla madre, che vive in Campania, raccontandole tutto. L’anziana ha lanciato l’allarme; tuttavia, quando le forze dell’ordine sono arrivate in casa, hanno trovato la compagna dell’uomo, ormai priva di vita. La vittima aveva una ferita alla gola, con ogni probabilità provocata da un coltello da cucina ritrovato dagli inquirenti nell’appartamento.
Il suicida e la compagna erano entrambi originari della provincia di Salerno: la donna lascia due figlie
Entrambi i protagonisti di questo caso di cronaca nera erano originari della provincia di Salerno: l’assassino era di Pagani, mentre la compagna, che lavorava presso la mensa dell’istituto agrario di Pianezza, era nata a Nocera Inferiore.
Oltre alla bambina di tre anni, la donna aveva anche una figlia di quattro anni e mezzo, nata da una precedente relazione. La salute fisica della piccola che ha accompagnato il padre in fabbrica non desta preoccupazioni: un parente l’ha portata per un controllo presso l’ospedale Regina Margherita di Torino, in attesa che venga affidata a dei familiari giunti da Milano.
L’assassino è un ex militare nell’esercito
Il 36enne in passato è stato militare nell’esercito: dopo il congedo era stato assunto nella fonderia di Orbassano, specializzata in componenti per il settore automotive, dove lavorava presso il reparto staffatura. I colleghi ne parlano come di una persona molto sportiva e gentile, che non sembrava avere problemi in famiglia.
Alcuni ricordano come la coppia sembrasse unita e non sanno spiegarsi l’accaduto. In realtà c’erano delle ombre nel passato dell’uomo, che aveva scontato un anno agli arresti domiciliari nell’abitazione in cui ha ucciso la compagna, a causa di una vicenda legata alla droga, per poi ottenere l’affidamento in prova.
Secondo una vicina di casa il 36enne litigava spesso con la compagna
Una vicina di casa, invece, ha descritto in modo diverso la coppia, spiegando che sentiva spesso i due litigare per problemi di gelosia. In particolare, pochi giorni prima del delitto l’uomo si sarebbe arrabbiato con la compagna perché non aveva risposto a diverse chiamate. Non ci sono mai state denunce per violenze o maltrattamenti in famiglia.
Nel frattempo, continuano le indagini per chiarire il movente dell’omicidio-suicidio: gli inquirenti non hanno trovato nessun messaggio del 36enne che spiegasse il suo gesto. I carabinieri stanno compiendo tutti gli accertamenti nell’abitazione della coppia, dopo aver ascoltato le parole del collega al quale l’assassino ha affidato la figlia prima di suicidarsi. A quanto pare la famiglia si era trasferita nella casa di Rivoli da circa tre anni, subito dopo la nascita della bambina.