Sul monte Everest, la vetta più alta dell'Himalaya, stanno riemergendo dai ghiacci centinaia di corpi di alpinisti morti nel corso del tempo, durante il tentativo di scalare la vetta simbolo mondiale dell’alpinismo: la causa di questo fenomeno è il cambiamento climatico. Infatti il riscaldamento globale sta facendo sciogliere molti strati di neve e ghiaccio, che coprivano la vetta. Con il progressivo disgelo sono diventati visibili i rifiuti ma anche cadaveri, che erano fino a poco tempo prima completamente sommersi. Bisogna infatti considerare che nel corso dell’ultimo secolo sono morte oltre trecento persone durante i tentativi di scalata dell’Everest.

Le operazioni per recuperare i corpi emersi dal disgelo sono molto pericolose e dispendiose: un cadavere con l'attrezzatura abbandonata può arrivare a pesare fino a 100 kg, ma le autorità del Nepal hanno deciso di tentare questi recuperi.

La costosa campagna di recupero sull’Everest

Per recuperare i corpi degli alpinisti morti che stanno riemergendo sull’Everest, le autorità nepalesi hanno messo in azione un team di dodici soldati e diciotto alpinisti specializzati, guidati dal maggiore dell'esercito nepalese Aditya Karki. Sono già stati recuperati cinque corpi, alcuni dei quali erano in condizioni simili a quelle del momento della morte, quindi presentavano ancora l'equipaggiamento completo da alpinista.

I corpi recuperati vengono avvolti in appositi sacchi e poi trasportati a valle in slitta e successivamente portati a Kathmandu, la capitale del Nepal. Una campagna di recupero che ha un notevole impatto, visto che il governo nepalese ha stanziato un budget complessivo di oltre 600mila dollari, mobilitando oltre 170 persone.

Il motivo di questo sforzo è sottolineato da Aditya Karki: “Dobbiamo riportarli indietro il più possibile: se li lasciamo lì, le nostre montagne si trasformeranno in cimiteri”. La campagna, oltre al recupero dei corpi, ha come obiettivo ripulire la montagna da circa undici tonnellate di rifiuti accumulati nel corso degli anni, da alpinisti che hanno abbandonato le attrezzature durante la scalata.

La storia dell’alpinismo sull'Everest

L’Everest è la vetta simbolo dell'alpinismo a livello internazionale, che da sempre viene considerata nell’immaginario collettivo come una delle scalate più difficili da realizzare per l’uomo.

Il 1921 può essere considerato l’anno in cui inizia la storia dell'alpinismo sull'Everest, visto che furono organizzate le prime spedizioni britanniche. La prima ascensione documentata è invece quella avvenuta nel maggio 1953, quando il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay raggiunsero la vetta dalla cresta sud-est. Ci vollero quasi altri trent’anni invece per la prima ascensione invernale, avvenuta nel febbraio del 1980 dai polacchi Krzysztof Wielicki e Leszek Cichy.