Dopo il passo falso del primo Annabelle di John R. Leonetti, il cosiddetto Conjuringverse, ovvero l'universo cinematografico scaturito dal fortunato L'evocazione - The Conjuring, si arricchisce di un prezioso tassello con Annabelle 2: Creation, prequel che racconta le origini della bambola demoniaca vista per la prima volta proprio nell'ormai celeberrima pellicola di James Wan. Regista di questo prequel/sequel è David F. Sandberg, già conosciuto agli appassionati dell'orrore per il suo primo apprezzato lungometraggio Lights Out - Terrore nel buio.
A impreziosire un cast composto prevalentemente da attori giovani e giovanissimi, sono alcuni interpreti di comprovata esperienza come Stephanie Sigman (Spectre, Narcos), Anthony LaPaglia (Senza traccia) e Miranda Otto (Éowyn nella trilogia de Il signore degli anelli).
Le origini del male
La felicità dei coniugi Mullins, fabbricatori di bambole nella loro casa in aperta campagna, viene bruscamente squarciata dalla tragica scomparsa della loro figlia Bee. Dodici anni dopo la disgrazia, la coppia decide di riaprirsi al mondo, ospitando nella loro abitazione Suor Charlotte e le ragazze orfane da lei accudite. Nonostante l'espresso divieto formulato da Samuel Mullins, la piccola Janice si avventura in una sinistra stanza della casa, all'interno della quale trova un'inquietante bambola.
Involontariamente la bambina risveglia una pericolosa entità demoniaca, dando il via a una lunga scia di sangue e malvagità.
Pur rifacendosi a escamotage e cliché tipici dell'horror e non inventando niente di nuovo, David F. Sandberg riesce a centrare il bersaglio, realizzando un riuscito e godibile film di genere, nettamente al di sopra della (scarsa) media del periodo.
Annabelle 2: Creation trae infatti forza dalla sua lontananza dalla modernità (il film è ambientato nella prima parte della seconda metà dello scorso secolo) per riconnetterci alle nostre paure più ancestrali, fatte di scricchiolii nella notte, minacciose ombre e indecifrabili presenze. La scelta di assegnare a delle bambine gran parte dei ruoli principali consente inoltre al film di porsi ad altezza dello spettatore, sfruttando di conseguenza le potenzialità orrorifiche insite nel quotidiano e minando alla radice le nostre certezze più intime e profonde.
Annabelle 2: Creation e il terrore nelle piccole cose
Nonostante la durata non indifferente per un film dell'orrore (poco meno di 2 ore), Annabelle 2: Creation riesce a mantenere la tensione sempre altissima, sfruttando oltre ai canonici jump scares anche l'efficace fotografia di Maxime Alexandre, abile a utilizzare i giochi di luci e ombre e la messa a fuoco per risaltare i dettagli più inquietanti di casa Mullins e dell'ambiente circostante. La pellicola riesce così dove il precedente Annabelle aveva fallito, ovvero nella miscela della migliore tradizione dei film sulle possessioni demoniache con un approccio più moderno e ammiccante, sempre più orientato alla serialità e allo sviluppo di un vero e proprio universo condiviso.
Annabelle 2: Creation consegue infatti l'obiettivo di riallacciarsi ai precedenti film del Conjuringverse utilizzando una formula già rodata e consolidata, fatta di tetre atmosfere e del fascino dell'occulto, limitandosi a cambiare il minimo indispensabile per non risultare ripetitivo o ridondante. Al contempo, l'opera di David F. Sandberg pone le basi per quello che si può ormai definire un universo cinematografico dell'orrore, strizzando in un paio di occasioni l'occhio anche all'atteso The Nun, il prossimo spin-off di The Conjuring in uscita nel 2018.
A una prima parte pressoché perfetta nella caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti, in cui il mix fra narrazione, azione e mistero consente di percepire quasi fisicamente il male che si annida nella casa dei Mullins, fa seguito una parte conclusiva di pellicola più caotica e prevedibile, dove l'eccesso di carne al fuoco e la forzatura di alcuni passaggi narrativi penalizza il risultato finale.
Nonostante ciò, Annabelle 2: Creation si rivela una visione decisamente consigliata nello scarno panorama cinematografico di agosto, capace di precipitare lo spettatore spossato dalla calura estiva in un clima di reale terrore e inquietudine e di mostrare con un'abilità ormai rara la capacità del male di annidarsi anche nelle cose apparentemente più semplici e rassicuranti, come lo sguardo di una bambola nascosta in un ripostiglio.