In perfetto accordo con l’attuale stagione estiva caratterizzata da temperature che resteranno negli annali, per il 17 luglio 2019 si attende il nuovo thriller di Jean-Christophe Rufin. Il titolo è abbastanza singolare e, verrebbe da dire, se non la fa girare, la fa alzare la testa: “L'appeso di Conakry” (E/O pagg. 192); e la fa alzare ovviamente verso il luogo dove l’autore ha deciso di porre il personaggio privo di vita, verso l’albero di una nave. Jean-Christophe Rufin è uno scrittore dalle diverse possibilità, infatti annovera anche competenze abbastanza lontane da quella di inventore di storie poliziesche come, ad esempio, quella di medico (è fra i promotori di 'Medici senza frontiere').
Da ricordare e associare alla sua persona, anche i titoli di ambasciatore francese in terra senegalese e quello di presidente di 'Action contre la faim'.
La trama del libro
Aurel Timescu è un uomo fortunato. Di professione fa il console di Francia. Un’attività che risponde sicuramente alle sue attese professionali e culturali. Tuttavia, come ogni mente così organizzata conosce, un titolo di pregio non basta a vivere le proprie giornate con piena soddisfazione. Il fatto è che Aurel è sempre indaffarato in compiti – certo, tutti in nome della patria, della Francia che nel 1789 ha scosso la società mondiale – che deve portare a compimento. Ma si tratta, per sua sfortuna, di incarichi di secondo ordine.
Poi arriva la svolta. Finalmente. Finalmente fino a un certo punto: il Console è spedito dal governo francese in Africa, e – difficile trovare un solo individuo che non lo sappia – in quel continente la parola d’ordine è ‘caldo’. Tanto caldo, e il protagonista caratterizzato da un accento rumeno di immediata individuazione, soffre e odia le temperature torride.
Tuttavia, proprio in terra africana l’apatia che lo insegue si romperà quando un uomo è rintracciato appeso al pennone del suo yacht. È morto. È l’occasione per Aurel Timescu per dare una mano alla polizia del luogo e per mettere in attività l’intelligenza che la natura gli ha fornito.
La cover
Per quanto porti un titolo di indubbia aria funesta, “L'appeso di Conakry” e pertanto – trattandosi di letteratura gialla – di difficile associazione con paesaggi leggiadri e lunari, tuttavia la copertina sorprende per la sua estrema parentela con soggetti frequentati dalla classica iconografia romantica.
Su uno sfondo monocromo color rosa antico e lontano dal primo piano, si svolge una particolare e centrale mise-en-abime capace di interessare lo sguardo del lettore, prima che quest’ultimo si dedichi al flusso delle parole che abitano le 192 pagine del romanzo. Certo lo sfondo è di chiara marca africana, con quelle palme che, come odalische arboree, si specchiano in una superficie acquosa e tropicale. Comunque – passando all’analisi del primo piano – i componenti più significativi della scena-madre della copertina del libro, sono quattro; a destra e in basso vi è posato un borsone (simbolo della partenza o dell’arrivo); a occupare lo spazio centrale da sinistra a destra fa bella mostra di se un pianoforte a coda (a simboleggiare la grandeur); sullo strumento vi sono posati, un bicchiere a coppa mezzo pieno e, verosimilmente, dello champagne in bottiglia (…di difficile estrazione popolare) e, infine, il personaggio principale che pare impegnato in un concerto per migliaia di ascoltatori: invece è il solo Aurel che, come succede a coloro che non conoscono lo spirito mediocre, riesce a eseguire una luminosa melodia anche senza l’apporto di un pubblico. Insomma, tutto concorre a essere una sintesi visiva delle capacità intellettive del protagonista.