Il suo monologo al termine di Blade Runner è uno dei più conosciuti e ammirati della storia del cinema: la sua interpretazione del replicante Roy Batty nel film capolavoro di Ridley Scott è considerata esemplare, un punto di riferimento che ispirò altri ruoli iconici nel Cinema fantascientifico, come il Terminator di Arnold Schwarzenegger. Rutger Hauer, scomparso il 19 luglio a 75 anni, è stato indubbiamente uno degli attori più influenti e riconoscibili degli ultimi anni. Pur non avendo quasi mai vestito i panni del protagonista assoluto, l’attore olandese era famoso per i suoi ruoli da cattivo o comunque borderline.

Un attore di statura monumentale e con il talento per la scrittura

Rutger Hauer nasce in un’Olanda ancora occupata dal Tedeschi e devastata dalla Seconda Guerra Mondiale. Siamo nel 1944 e i suoi genitori sono due insegnanti di recitazione. Studia in una scuola di arte drammatica di Amsterdam e si trasferisce poi in Germania dove, forte di una discreta familiarità con il Tedesco, recita in diversi film e sceneggiati. Nel 1980 Sylvester Stallone lo vuole a Hollywood per due dei suoi film e lo segnala a Ridley Scott che, in un primo momento, per il ruolo di Roy Batty, il replicante di Blade Runner, avrebbe voluto proprio Stallone; Scott lo testa e Hauer lo convince subito con due interpretazioni estremamente intense e drammatiche, tutte in primo piano.

Blade Runner esce nel 1982 e, con il tempo, diventa un film di culto: il personaggio di Hauer riesce quasi a mettere in secondo piano Harrison Ford, che doveva essere il protagonista assoluto. Il momento più alto della storia è il monologo conclusivo di Roy Batty, ormai morente: prima salva dal precipizio il protagonista e poi pronuncia le sue ultime parole, il suo celebre monologo: “Io ne ho visto cose…”.

Il testo era stato originariamente scritto da David Peoples, sceneggiatore della pellicola. Quel frammento si intitolava “C-Beams”, tradotto in italiano Raggi B. Hauer lo interpreta alla sua maniera e lo arricchisce, parlando di Porte di Tannhauser e di astronavi in fiamme al largo dei Bastioni di Orione. Completamente sua anche la battuta finale: “Tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia, è tempo di morire”.

Hauer in un primo momento era preoccupato che il regista e David Peoples si fossero risentiti per il suo contributo che aveva cambiato il copione, ma tutti ne furono conquistati. Gli occhi azzurri, chiarissimi, quasi spiritati di Hauer e la sua sagoma enorme che muore senza un lamento, seduta con le gambe incrociate, sotto la poggia battente confezionano un’immagine straordinariamente forte, diventata un'icona del cinema.

Oltre 170 film in carriera per Rutger Hauer con qualche perla italiana

Rutger Hauer, grazie al successo di Blade Runner, si ritagliò alcuni spazi da protagonista: in Italia lo si conosce soprattutto per LadyHawke, un film gotico-fantasy interpretato insieme a una giovanissima Michelle Pfeiffer.

Diversi i film con registi e produttori italiani, in particolare con Ermanno Olmi (La leggenda del santo bevitore, Il villaggio di cartone) ma anche Barbarossa di Renzo Martinelli, Dracula 3D di Dario Argento e I banchieri di Dio di Giuseppe Ferrara. Compare in Batman Begins di Christopher Nolan, Confessioni di una mente pericolosa di George Clooney e più recentemente nello splendido film di Luc Besson “Valerian, la città dei mille pianeti”. Lo scorso anno l’ultimo film, I fratelli Sisters, una commedia western con Joaquin Phoenix e Jake Gyllenhaal, in cui Hauer interpreta il Commodoro, un personaggio truce e spietato, che paga i suoi dipendenti per eliminare i nemici scomodi. Gli ultimi ciak furono difficili per l’attore, che aveva cominciato ad avvertire dei malesseri, ma riuscì comunque a completare il film prima di tornare definitivamente a casa sua nelle Fiandre Olandesi.

Purtroppo la malattia si rivelerà più dura del previsto. La moglie, Ineke Ten Cate e l’unica figlia Aysha, nata dal suo primo matrimonio, hanno mantenuto fino all'ultimo il massimo riserbo sulle condizioni dell’attore e sulla sua morte, avvenuta il 19 luglio scorso nella sua villa di Beetsterzwaag, curiosamente proprio nello stesso anno in cui Blade Runner era stato ambientato, un 2019 ben più futuristico e distopico di quello che stiamo vivendo. I funerali sono già stati svolti con rito strettamente privato nel pomeriggio del 24 luglio.